Uno studio accademico del Centro per la Comprensione della Prosperità Sostenibile (CUSP) dell’Università del Surrey (GB), diretto da Tim Jackson, pubblicato su Ecological Economics, esamina come le caratteristiche chiave della transizione energetica (investimenti verdi, efficienza e rischi finanziari), interagiscano in modi complessi e talvolta dirompenti, offrendo una nuova visione delle sfide e dei compromessi per raggiungere lo zero netto.
Una transizione energetica ritardata e disordinata verso lo zero netto porterebbe ad un aumento dell’inflazione, a tassi di interesse più elevati, alla stagnazione economica e all’instabilità finanziaria.
Una transizione ritardata e disordinata verso lo zero netto porterebbe ad un aumento dell’inflazione, a tassi di interesse più elevati, alla stagnazione economica e all’instabilità finanziaria.
Sono le conclusioni dello Studio “Macroeconomic, sectoral and financial dynamics in energy transitions: A stock-flow consistent, input-output approach”, pubblicato sul numero di aprile 2025 di Ecological Economics e condotto da Accademici del Centre for the Understanding of Sustainable Prosperity (CUSP) dell’Università del Surrey (Gran Bretagna) un’organizzazione di ricerca leader a livello internazionale finanziata dall’Economic and Social Research Council (ESRC) del Regno Unito, che riunisce partner esperti provenienti da istituzioni accademiche e non accademiche, che analizzano le interazioni tra diversi settori, modelli di investimento e mercati.
“La sfida di raggiungere forme di prosperità sostenibili ed eque ha un’enorme importanza economica, sociale e politica – sottolinea il CUSP – Di fronte a incombenti crisi climatiche e di biodiversità, persistenti disuguaglianze, crescenti disordini sociali e politici, insicurezze finanziarie associate alla stagnazione secolare e persistenti incertezze nei mercati globali, sottolinea, c’è un urgente bisogno di un dialogo creativo e aperto per informare le visioni della società per il progresso sociale. La ricerca non può essere concepita isolatamente da questa sfida, ma deve interagire strettamente con essa per promuovere una comprensione più profonda dei problemi e per fornire proposte praticabili per il cambiamento”.
Lo studio sviluppa un modello input-output (SFC-IO) TranSim 2, consistente in stock-flow in grado di simulare una serie di rischi e opportunità associati a diverse modalità di transizioni verso zero netto. In particolare, il modello è in grado di catturare gli impatti correlati alla transizione energetica derivanti da cambiamenti in: investimenti verdi; ritorno energetico sull’energia investita (EROI); rischi di transizione finanziaria.
Il modello simula una serie di diversi tipi di transizioni energetiche (ovvero ordinate contro disordinate, previste contro impreviste) per comprendere meglio i potenziali collegamenti e gli effetti di feedback tra queste diverse caratteristiche di transizione e come potrebbero generare dinamiche non lineari lungo il percorso di transizione.
“Le nostre simulazioni mostrano una serie di risultati interessanti – ha dichiarato sul blog del CUSP, Andrew Jackson, ricercatore senior presso il CUSP e autore principale dello Studio – In primo luogo, dimostriamo che le transizioni più rapide e “disordinate” sono più destabilizzanti di quelle più lente e ordinate, e che le transizioni in cui le aspettative delle aziende dei combustibili fossili e degli investitori sui mercati finanziari reagiscono più lentamente alla transizione sono più destabilizzanti di quelle in cui si adattano per tempo. In generale, le transizioni più rapide sono più dirompenti perché generano più inflazione, insolvenze sui prestiti, aumenti dei tassi di interesse, fluttuazioni dei prezzi delle attività, cambiamenti nella distribuzione del reddito funzionale e riduzioni dell’EROI rispetto a quelle che avvengono più lentamente. Le transizioni più rapide fanno sì che tali impatti si verifichino in modi più ravvicinati, il che amplifica l’impatto complessivo. Al contrario, le transizioni in cui le aspettative sono più lente a reagire tendono a essere più destabilizzanti per i mercati finanziari (ad esempio per i prezzi delle attività, i default sui prestiti e i tassi di interesse) di quanto non lo siano per l’economia reale. Questo perché le aspettative ‘errate’ inducono le aziende dei combustibili fossili a investire troppo e quindi a prendere in prestito di più dalle banche e dai mercati finanziari, e perché gli investitori sui mercati finanziari allocano troppa della loro ricchezza in titoli di combustibili fossil ”.
In uno scenario di transizione disordinata, secondo lo Studio, le aziende dei combustibili fossili, proseguendo negli investimenti per aumentare la produzione, andrebbero incontro a enormi rischi di attività bloccate e costose svalutazionistituti di credito, transizione improvvisa e disordinata, inflazione in aumento, Tim Jackson, , con gli istituti di credito che sarebbero costretti ad aumentare i tassi di interesse sui prestiti nel tentativo di recuperare il capitale perso, dando vita ad un circolo vizioso che renderà più difficile poi per le aziende energetiche raccogliere capitali per investire in una tardiva transizione verso l’energia pulita.
Ripercussioni sull’economia in generale si avrebbero con una transizione improvvisa e disordinata, con un aumento dell’inflazione per i prezzi al consumo che al 2030 raggiungerebbe il 10%, per poi scendere al 5%. Con una transizione lenta e ordinata l’inflazione (CPI) aumenta più lentamente, a circa il 6/5% nel 2030, prima di aumentare lentamente fino alla fine del periodo di transizione e poi scendere di nuovo a circa il 5%.

Tra i risultati dello studio emerge che:
– il processo di transizione verso un’economia a zero emissioni nette, per evitare che gli impatti climatici globali continuino ad intensificarsi, proceda senza ulteriori ritardi;
– tale percorso di transizione sia chiaro e credibile, in modo che le aziende e i partecipanti al mercato finanziario investano in modo appropriato ed evitino i rischi di transizione derivanti da aspettative ingannevoli;
– i decisori politici dovrebbero incentivare le tecnologie verdi più efficienti, per evitare gli impatti inflazionistici derivanti da maggiori riduzioni dell’EROI.
Le conclusioni del CUSP si allineano in qualche modo a quelli di un altro recente Studio accademico che ha stimato un calo del 25% del PIL globale qualora le temperature medie globali raggiungessero +2 °C entro il 2050.
Co-autore dello Studio del CUSP è il suo Direttore dal 2016, Tim Jackson economista e scrittore, noto soprattutto per i suoi libri, che sono considerati “straordinari pezzi di letteratura sull’economia ambientale degli ultimi anni” (Le Monde), tra cui “Prosperity without Growth ”, tradotto in 17 lingue (quella in italiano nel 2011, Ed. Ambiente). La prossima settimana è prevista l’uscita del suo ultimo libro “The Care Economy”, destinato a suscitare dibattiti, come gli altri. “Non dovremmo tornare a quei vecchi e errati parametri del tipo ‘di più è meglio’ -ha dichiarato Jackson in un’intervista – Dovremmo sostituirli con parametri migliori per misurare cosa significa stare bene“.
Non è del tutto casuale che per il tema della Giornata Mondiale della Felicità (20 marzo) e per il titolo del titolo del World Happiness Report 2025 (WHR), UN Sustainable Development Solutions Network (SDSN) con cui Jackson ha collaborato, abbia scelto “Caring & Sharing” (Prendersi cura e condividere).