Cambiamenti climatici Clima

Testo negoziale per Parigi dopo la “dieta” costretto a riprendere “peso”

Testo negoziale per Parigi

All’ultima sessione dei Colloqui in corso a Bonn, prima della COP21 di Parigi per un Accordo sui Cambiamenti Climatici, la dura presa di posizione dei Paesi in via di sviluppo al testo negoziale predisposto dai due co-Presidenti dell’apposito Gruppo di Lavoro dell’UNFCCC, costringe i facilitatori a rimpinguare il no-paper con altre 12 pagine per tener conto delle posizioni del G77.

Dopo le dure reazioni al testo negoziale “snellito” per Accordo sul clima a Parigi espresse dai Paesi in via di sviluppo nel corso della prima giornata dei lavori di Bonn (19-23 ottobre 2015), i funzionari dell’ONU hanno dovuto sospendere il programma ufficiale per inserire alcuni punti, al fine di non pregiudicare l’esito dell’ultimo incontro previsto prima dell’inizio della COP21 a fine novembre.

Sono stati i Paesi del G77 (130, tra cui Cina e India e tutti i Paesi dell’Africa) ad aprire il fuoco di sbarramento sul testo predisposto dai due co-Presidenti del Gruppo di Lavoro sulla Piattaforma di Durban per un’Azione rinforzata (AWG ADP), l’algerino Ahmed Djoghlaf, e lo statunitense Daniel Reifsnyder, che avevano avuto il mandato di predisporre un testo più sintetico delle 89 pagine iniziali, tenendo conto delle posizioni emerse nel corso dei Colloqui sul Clima (Climate Change Talks) degli ultimi mesi.

Dalla lettura del testo di 20 pagine diffuso il 5 ottobre, non era difficile prevedere che alcuni aspetti sottaciuti o mancanti (in particolare, la questione delle perdite e dei danni correlati ai cambiamenti climatici subiti, e la questione dei finanziamenti per l’adattamento e per la riduzione delle emissioni) avrebbero determinato dure contestazioni da parte dei Paesi in via di sviluppo.

In una Dichiarazione fatta al Gruppo di contatto dell’AWG ADP2-11 e presentata a Bonn dall’Ambasciatore del Sudafrica Nozipho MXAKATO-DISEKO a nome del Gruppo G77, si affermava che il testo “È estremamente squilibrato e zoppo, a tal punto da pregiudicare gli interessi e le posizioni dei Paesi in via di sviluppo. Abbiamo, quindi, concluso che il mandato conferito ai co-Presidenti non è stato adempiuto”.

Di qui la decisione di predisporre un testo più ampio di 34 pagine che tenesse conto dei rilievi formulati, dal quale emergono maggiori dettagli sui temi relativi all’equità degli sforzi e al processo di decarbonizzazione dell’economia, aspetto quest’ultimo che potrebbe lasciar spazio ad un eventuale inserimento nel testo finale di un “carbon pricing” globale, come auspicato da alcune autorevoli personalità del mondo politico, economico e finanziari, a cui ultimamente si sono aggiunti il Cancelliere tedesco Angela Merkel e il Presidente francese François Hollande.

Di certo, i colloqui di Bonn non sono iniziati nel modo auspicato e il compito dei facilitatori, accusati di essere stati pilotati dai Paesi ricchi, e dei negoziatori non è semplice ed è probabile che ci sia necessità di allungare i tempi previsti della sessione o di prevederne un’altra straordinaria. Staremo a vedere.

Nel frattempo, sempre a Bonn, una delegazione di leader religiosi di varie fedi, guidata dall’Arcivescovo della Chiesa Anglicana del Sudafrica, Thabo Makgoba, ha consegnato alla Segretaria esecutiva dell’UNFCCC Christiana Figueres una Dichiarazione sottoscritta da 154 leader religiosi, che si aggiunge ai numerosi appelli di personalità religiose di questi ultimi mesi da quello di Papa Francesco con l’Enciclica “Laudato si’ ” alla Dichiarazione islamica sui cambiamenti climatici.

Nel Documento si sottolinea che la COP21 di Parigi è una tappa fondamentale per “tradurre la responsabilità ecologica in azioni concrete sulla via verso un futuro più sostenibile“, secondo gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibili al 2030.

Si chiede un Accordo ambizioso per contrastare efficacemente i cambiamenti climatici, che sia equo, universale e vincolante, comprensivo dei 100 miliardi di dollari in finanziamenti per il clima entro il 2020, e che preveda l’obiettivo del 100% di energia rinnovabile entro il 2050 e l’abbandono degli investimenti e sostegni ai combustibili fossili.

Anche il leader buddista, con l’avvio della Campagna “Tibet. Climate Action for the Roof of the World” (Tibet. Azione climatica per il Tetto del Mondo), ha rivolto il 20 ottobre 2015 un accorato appello ai leader del mondo affinché intervengano contro le devastanti conseguenze dei cambiamenti climatici sul Pianeta “che è la nostra unica casa e l’altipiano del Tibet è il suo tetto – ha affermato il Dalai Lama in un video messaggio, ricordando che dopo l’Artico e l’Antartico è il terzo deposito di ghiacciai al mondo – Ha bisogno di essere protetto non solo per il popolo tibetano, ma per la salute e la sostenibilità del mondo intero“.

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