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Tartufo: “cerca e cavatura” nel Patrimonio culturale immateriale Unesco

Dopo un iter durato 8 anni, la “Cerca e cavatura del tartufo in Italia” è stata iscritta nella Lista UNESCO del “Patrimonio Culturale Immateriale”, certificando non tanto il valore di un’attività il cui “frutto” viene utilizzato nella ristorazione di prestigio in tutto il mondo, ma soprattutto come simbolo di una storia di rapporti tra uomo, natura, animale e tradizione.

Cerca e cavatura del tartufo in Italia: conoscenze e pratiche tradizionali” è ufficialmente iscritta nella Lista UNESCO del Patrimonio Culturale immateriale dell’Umanità, inteso come “le prassi, le rappresentazioni, le espressioni, le conoscenze, il know-how – come pure gli strumenti, gli oggetti, i manufatti e gli spazi culturali associati agli stessi – che le comunità, i gruppi e in alcuni casi gli individui riconoscono in quanto parte del loro patrimonio culturale. Questo patrimonio culturale immateriale, trasmesso di generazione in generazione, è costantemente ricreato dalle comunità e dai gruppi in risposta al loro ambiente, alla loro interazione con la natura e alla loro storia e dà loro un senso d’identità e di continuità, promuovendo in tal modo il rispetto per la diversità culturale e la creatività umana”  (art. 2 della relativa Convenzione del 2003)..

La decisione è stata presa nel corso della XVI sessione del Comitato intergovernativo UNESCO per la Salvaguardia del Patrimonio Culturale Immateriale (Parigi, 13-18 dicembre 2021) e comunicata il 16 dicembre 2021 al Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale che aveva avanzato la candidatura ufficiale nel marzo 2020, ma l’iter era iniziato nel 2013 su iniziativa di una rete interregionale nazionale composta dall’Associazione Nazionale Città del Tartufo (ANCT), soggetti riuniti in gruppi associati nella Federazione Nazionale Tartufai Italiani (FNATI), dal Centro Nazionale Studi Tartufo che ha sede ad Alba, con importanti partner scientifici quali l’Università degli Studi di Scienze gastronomiche di Pollenzo (Cuneo), fondata da Carlo Petrini, e l’Università di Siena.

L’obiettivo della candidatura era quello di certificare e formalizzare, difendere e tramandare il “mito del tartufo”, non solo come frutto dall’inestimabile valore per l’utilizzo nella ristorazione di prestigio in tutto il mondo e che ha contribuito alla valorizzazione turistica di molte aree in Italia, ma soprattutto come simbolo di una storia di rapporti tra uomo, natura, animale e tradizione.

Siamo entusiasti di questo risultato, finalmente ce l’abbiamo fatta – ha commentato Michele Boscagli, Presidente di ANCT – Cerca e cavatura del tartufo in Italia è diventata Patrimonio culturale immateriale dell’umanità. Otto anni di lavoro sono stati apprezzati, è stato un percorso che, grazie alle istituzioni competenti, ha dato l’opportunità a tutti i soggetti coinvolti di comprendere l’importanza di salvaguardare saperi e conoscenze della tradizione dei tartufai italiani. Un patrimonio collettivo, prezioso anche per le generazioni future, che va ben oltre il valore del prodotto in sé”.

Il tartufo è lusso e ristoranti di tendenza, cene memorabili e profumi indescrivibili, ma tanto del suo fascino si perderebbe se non ci fosse la “cerca”, non la semplice raccolta, come succede per le più comuni specie vegetali. Il cercatore ha un rapporto elettivo con il “suo” cane, il “suo” bosco, i “suoi” segreti. Quando il cane inizia a “segnare” un punto specifico, il “cavatore” si china, raccoglie la terra, la annusa per verificare se il profumo di tartufo è forte e quindi il tartufo vicino, ma non sfugge un gesto altamente simbolico: la condivisione di un odore ancestrale, il ritorno ad un’epoca in cui il rapporto con la terra era proprio della condizione umana. Anche la delicata pratica della “cavatura” avviene con il solo ausilio di uno strumento “specifico” per tipologia di terreno. La “cerca e la cavatura del tartufo” è un rito talmente impresso nel genius loci delle sue terre da renderlo parte integrante della cultura più intima del territorio.

Il percorso che ha accompagnato la candidatura ha consentito di acquisire consapevolezza di essere comunità e di portare avanti un lavoro di catalogazione, finora mai realizzato, per documentare una lunga tradizione praticata e tramandata in gran parte del Paese, dal Piemonte alla Campania, passando per la Lombardia, la Toscana, le Marche e l’Umbria.

È un obiettivo che ci eravamo posti e dopo un lungo lavoro siamo riusciti a raggiungerlo – ha precisato Fabio Cerretano a nome delle Associazioni dei tartufai italiani – La Cerca e cavatura del Tartufo è un grande patrimonio culturale immateriale tramandato di generazione in generazione fatto di storia, di cultura e di tradizioni che abbraccia tutta l’Italia, da nord a sud, e ora ottiene questo prestigioso riconoscimento dall’UNESCO. Un sogno che finalmente si avvera”.

La nuova iscrizione porta a 15 il numero di elementi italiani iscritti nella Lista del Patrimonio immateriale, su un totale di più 600. Immagine di copertina: Archivio Associazione Nazionale Città del Tartufo

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