Secondo una Relazione della Corte dei conti europea (ECA), gli obiettivi dell’UE di produrre e importare idrogeno verde, nonostante i miliardi di euro di finanziamenti, è improbabile che possano essere raggiunti. L’ECA esorta la Commissione UE a fare il punto della situazione per far sì che gli obiettivi perseguiti siano realistici e le scelte strategiche non compromettano la competitività di industrie fondamentali o creino nuove dipendenze.
L’UE è riuscita solo in parte a porre le basi per il mercato emergente dell’idrogeno verde. Gli obiettivi di produzione e domanda di idrogeno verde per il 2030 sono eccessivamente ambiziosi con il rischio che industrie essenziali diventino meno competitive e che si creino nuove dipendenze strategiche.
Lo afferma la Corte dei conti europea (ECA) nella Relazione speciale “La politica industriale dell’UE in materia di idrogeno verde. Il quadro giuridico è stato in gran parte adottato: è ora di fare il punto della situazione”, pubblicata il 17 luglio 2024, secondo cui, nonostante le svariate azioni positive intraprese dalla Commissione europea, permangono problemi lungo tutta la catena del valore dell’idrogeno ed è improbabile che l’UE raggiunga gli obiettivi per il 2030 in materia di produzione e importazione di idrogeno rinnovabile.
La relazione dell’ECA è intervenuta ad appena 2 giorni dalla pubblicazione sulla GUUE del pacchetto Gas&H2 Package (Direttiva (UE) 2024/1788 e il Regolamento (UE) 2024/1789) che istituisce un quadro comune per la decarbonizzazione dei mercati del gas naturale e dell’idrogeno e, quale elemento di rilevante novità, introduce norme comuni per il trasporto (inclusa la distribuzione), la fornitura e lo stoccaggio dell’idrogeno, affinché possa svolgere un ruolo centrale nel raggiungimento degli obiettivi climatici dell’Unione per il 2030 e della neutralità climatica entro il 2050.
L’idrogeno rinnovabile o “verde” ha significative ripercussioni sul futuro di industrie essenziali dell’UE, dato che può aiutare la decarbonizzazione soprattutto in settori come la produzione di acciaio, nonché l’industria petrolchimica, del cemento e dei fertilizzanti. Inoltre, può aiutare l’UE a raggiungere l’obiettivo climatico di zero emissioni nette entro il 2050 e a ridurre ulteriormente la dipendenza dell’UE dai combustibili fossili russi.
“Occorre fare il punto della situazione della politica industriale dell’UE in materia di idrogeno rinnovabile – ha dichiarato Stef Blok, il Membro della Corte responsabile dell’audit – L’UE dovrebbe decidere una strategia per progredire sulla via della decarbonizzazione, senza alterare la situazione concorrenziale di industrie essenziali dell’UE o creare nuove dipendenze strategiche”.

La Commissione ha fissato obiettivi eccessivamente ambiziosi per la produzione e l’importazione di idrogeno rinnovabile (10 milioni di tonnellate per ciascuna entro il 2030). Questi obiettivi non erano basati su analisi approfondite, bensì il frutto di valutazioni politiche. Inoltre, il loro raggiungimento è stato compromesso da un inizio accidentato. Innanzitutto, le ambizioni divergenti degli Stati membri non erano sempre allineate con gli obiettivi dell’UE. Poi, nel coordinare l’azione degli Stati membri e dell’industria, la Commissione UE non ha fatto sì che tutte le parti spingessero nella stessa direzione.
D’altra parte, la Corte riconosce alla Commissione il merito di aver proposto la maggior parte degli atti giuridici in breve tempo: il quadro normativo è quasi completo ed ha fornito quella certezza che è indispensabile per creare un nuovo mercato. Tuttavia, c’è voluto tempo per trovare un accordo sulle norme che definiscono l’idrogeno rinnovabile e molte decisioni di investimento sono state posticipate. I promotori dei progetti hanno inoltre rinviato le decisioni di investimento perché l’offerta dipende dalla domanda e viceversa.

Creare una industria UE dell’idrogeno richiede massicci investimenti pubblici e privati, ma la Commissione non dispone di una visione completa né del fabbisogno né dei finanziamenti pubblici disponibili. Al tempo stesso, i finanziamenti dell’UE, che gli auditor hanno stimato a 18,8 miliardi di euro per il periodo 2021-2027, sono dispersi tra più programmi: di conseguenza, per le imprese è difficile scegliere il tipo di finanziamento più adatto ad uno specifico progetto. Il grosso dei finanziamenti dell’UE è utilizzato dagli Stati membri con una quota importante di industrie difficili da decarbonizzare e che hanno progetti in fase più avanzata, ossia Germania, Spagna, Francia e Paesi Bassi. Non vi è ancora alcuna garanzia che il potenziale di produzione di idrogeno dell’UE possa essere sfruttato appieno o che i finanziamenti pubblici consentiranno di trasportare l’idrogeno verde all’interno dell’UE dai paesi con un buon potenziale di produzione a quelli con una elevata domanda da parte del settore industriale.
La quota più significativa dei finanziamenti dell’UE per l’idrogeno è fornita dal dispositivo per la ripresa e resilienza (RRF), ma non tutti gli Stati membri hanno in programma di usarlo a tale fine. Anche se lo RRF ha dato nuovo impulso ai progetti nel settore dell’energia da fonti rinnovabili, ha però il principale svantaggio di imporre il conseguimento dei traguardi e degli obiettivi entro il 2026, come disposto nel relativo regolamento un termine difficile da rispettare. osserva la Corte, per progetti che hanno tempi di realizzazione lunghi e costi operativi a lungo termine (come quelli per l’energia elettrica).
Nella maggior parte degli Stati membri visitati, gli auditor della Corte hanno analizzato i piani nazionali di ripresa e resilienza (PNRR) e il loro grado di attuazione, includendo anche quelli di Italia e Francia (per includere gli Stati membri che hanno destinato gli importi più cospicui all’idrogeno rinnovabile).
In base ad una ricerca del Fraunohfer ISI Spagna, Francia, Svezia, Finlandia, Polonia, Grecia e Italia hanno un potenziale elevato o buono per creare una eccedenza di energia rinnovabile che può essere utilizzata per produrre idrogeno rinnovabile. Al tempo stesso, la maggior parte dei siti industriali difficile da decarbonizzare sono situati in Germania, Italia, Francia, Spagna (ma non necessariamente nelle regioni di questi paesi che hanno un buon potenziale per produrre idrogeno a partire da energie rinnovabili), Polonia e Paesi Bassi. Non tutti questi paesi hanno un buon potenziale per produrre idrogeno rinnovabile.
Esaminando i progetti di PNEC disponibili al 31.12.2023 reciproco, la Corte ha riscontrato che circa il 90% dei progetti nella fase di studio di fattibilità è concentrato in quattro Stati: Germania, Spagna, Francia, Italia. Tali Paesi producono una quota significativa delle emissioni di gas a effetto serra totali dell’UE generata da industrie difficili da decarbonizzare. Inoltre, hanno individuato che dei sei Stati membri che hanno una quota significativa di industrie difficili da decarbonizzare, tutti tranne la Polonia hanno progetti che sono nella fase dello studio di fattibilità, ma alcuni Stati membri sono più avanzati di altri (come Paesi Bassi e Germania). Inoltre, gli Stati membri hanno destinato importi solo modesti alle reti per l’idrogeno nell’ambito dell’RRF.
Dalla tabella che presenta gli importi assegnati ai progetti sull’idrogeno nei PNRR, incluso il capitolo specifico dedicato dal REPowerEU, l’Italia con 3 miliardi di euro è seconda, dopo la Spagna (3,1 miliardi di euro) e prima della Germania (2,5 miliardi di euro).
Inoltre, Spagna, Italia, Polonia, Finlandia, Svezia hanno avuto sovvenzioni per progetti IPCEI pari a 249 milioni di euro per una capacità di elettrolisi programmata di 0,6 GW.

La Corte raccomanda alla Commissione di
*Aggiornare la Strategia per l’idrogeno sulla base di una valutazione approfondita dei seguenti aspetti:
– come calibrare gli incentivi sul mercato per la produzione e l’uso dell’idrogeno rinnovabile;
– come stabilire un ordine di priorità per gli scarsi finanziamenti dell’UE e decidere su quali parti della catena del valore focalizzarsi;
– considerare quali industrie l’UE vuole mantenere e a quale prezzo, date le implicazioni geopolitiche della produzione interna all’UE rispetto alle importazioni da paesi terzi.
*Definire una tabella di marcia a livello dell’UE e monitorare i progressi.
*Ottenere dati attendibili sui finanziamenti nazionali e valutare di conseguenza l’adeguatezza dei meccanismi di finanziamento dell’UE.
* Monitorare le procedure di autorizzazione negli Stati membri.
* Adottare una decisione chiara sulle azioni di sostegno e coordinamento a favore dell’industria dell’idrogeno e in accordo con questa.