Biodiversità e conservazione Fauna

Grandi carnivori: aumentano gli attacchi con l’espansione umana

Uno Studio di varie organismi e istituzioni internazionali, tra cui il MUSE di Trento con ruolo guida, ha rivelato che gli attacchi di grandi carnivori, come leoni, orsi e lupi, sono in aumento, ma che il numero e la gravità dipendono dal contesto socio-economico: nei Paesi a basso reddito si verificano in concomitanza con attività agricole e di allevamento, in quelli ad alto reddito a seguito di attività ricreative, quali escursioni, campeggio e passeggiate con i cani in aree dove vivono i predatori.  

Le segnalazioni di attacchi di grandi carnivori contro l’uomo sono aumentate dal 1970, ma la frequenza e il contesto di questi attacchi dipendono da fattori socio-economici e ambientali.

È quanto emerge dallo Studio A worldwide perspective on large carnivore attacks on humans”, pubblicato il 31 gennaio 2023 su Plos Biology e condotto da 33 ricercatori e studiosi i vari enti ed organismi internazionali, coordinati dal MUSE (Museo delle Scienze) di Trento.

I grandi carnivori, da sempre affascinano e ispirano le società umane, ma possono allo stesso tempo costituire una minaccia per le persone che si trovano a dover condividere con loro ambiente e risorse. Seppure si tratti di eventi molto rari, gli attacchi dei grandi carnivori alle persone rappresentano una delle sfide di conservazione e coesistenza più complesse, in quanto possono influire, direttamente o indirettamente, anche sulla conservazione dei grandi carnivori stessi. Gli animali coinvolti in questi eventi, infatti, vengono spesso abbattuti o rimossi durante o dopo l’incidente. Inoltre, anche grazie all’attenzione mediatica che attirano, questi eventi possono influenzare drasticamente le attitudini delle persone nei confronti delle specie coinvolte. È quindi prioritario riuscire a ridurre questo tipo di incidenti e, a tal fine, risulta fondamentale acquisire conoscenze approfondite sulle dinamiche e sui fattori che possono aumentarne il rischio.

I ricercatori hanno raccolto e analizzato 5.089 casi di attacchi nei confronti dell’uomo in tutto il mondo di 12 specie di grandi carnivori, tra cui tigri, leoni, orsi e lupi, registrati tra il 1950 e il 2019, considerando solamente quelle interazioni in cui il contatto fisico con l’animale ha portato al ferimento o alla morte della persona coinvolta identificando i principali fattori che determinano il verificarsi di questi attacchi e le specie principalmente coinvolte (felidi e canidi).

Felidi e canidi sono risultati i gruppi di specie maggiormente coinvolti in attacchi predatori, i più letali per le persone, mentre gli attacchi da parte di orsi sono quasi sempre difensivi, per esempio nei casi in cui questi vengono inavvertitamente sorpresi a distanza ravvicinata, oppure in difesa dei cuccioli o di fonti di cibo – ha affermato Giulia Bombieri, ricercatrice del MUSE – Dipartimento Ricerche e Collezioni, Unità di Biologia della Conservazione, co-autrice principale dello Studio – La maggior parte degli attacchi mortali è stata registrata nei Paesi a basso reddito, nei quali si è verificata gran parte degli attacchi predatori da parte di grossi felidi come leoni e tigri”.

In alcune regioni del mondo, inclusa l’Europa, i grandi carnivori stanno ricolonizzando i loro areali storici, a seguito di diverse trasformazioni sia ambientali che socio-economiche. Questo ritorno ha portato le popolazioni di grandi carnivori a insediarsi in aree in cui gli habitat sono frammentati e occupati da città, strade, terreni agricoli, e altre attività umane. In queste aree, i conflitti possono essere particolarmente aspri, poiché le persone non sono più abituate a convivere con i grandi predatori.
In altre aree del mondo, invece, le popolazioni di grandi carnivori sono in declino a causa dell’espansione delle popolazioni umane che causano distruzione, frammentazione e degrado degli habitat.
In entrambi gli scenari, la stretta coesistenza che ne deriva comporta inevitabilmente un aumento delle interazioni con le comunità locali.

L’indagine ha evidenziato interessanti differenze negli scenari e nelle frequenze in cui avvengono queste interazioni negative, legate sia alla diversa ecologia delle specie considerate, sia al contesto socio-economico e ambientale locale.

Distribuzione spaziale degli attacchi di grandi carnivori all’uomo raccolti tra il 1950 e il 2019 (Fonte: Plos Biology)

Nelle aree cosiddette “ad alto reddito”, come ad esempio Europa e Nord America, gli attacchi si sono verificati più comunemente mentre le persone coinvolte stavano svolgendo attività ricreative, come escursionismo, campeggio o passeggiate con i cani, mentre quasi il 90% degli attacchi registrati nelle aree geografiche “a basso reddito” si è verificato durante attività di sostentamento come l’agricoltura, la pesca o il pascolo del bestiame.

Secondo gli autori dello Studio, gli approcci per ridurre gli attacchi dei grandi carnivori dovrebbero essere adattati al contesto socio-economico. Nei Paesi ad alto reddito, potrebbero essere efficaci le campagne per educare i visitatori e i residenti nelle aree di grandi carnivori sui comportamenti ad alto rischio e su come evitare incontri pericolosi. Al contrario, nei Paesi a basso reddito, dove la coesistenza con i grandi carnivori è per lo più involontaria e obbligata, e gli attacchi di tipo predatorio sono più frequenti, le strategie per migliorare la coesistenza tra comunità locali e grandi predatori potrebberorisultare strategie più appropriate l’espansione delle aree protette e il ripristino della connettività degli habitat, anche  se i ricercatori riconoscono che queste misure preventive possono essere difficili da implementare man mano che la popolazione mondiale cresce.

Quando le attività ricreative e/o di sostentamento dell’uomo si sovrappongono a grandi specie di carnivori, è fondamentale capire come convivere, dal momento che possono rappresentare una minaccia per l’uomo – ha aggiunto Vincenzo Penteriani del Museo Nazionale di Scienze Naturali (CSIC) – Dipartimento di Ecologia Evolutiva di Madrid, l’altro co-autore principale dello Studio – I fattori che scatenano gli attacchi di grandi carnivori sugli esseri umani dipendono dalla combinazione di fattori socio-economici ed ecologici locali, il che implica che le misure per ridurre gli attacchi di grandi carnivori devono considerare i diversi contesti ecologici e sociali locali”.

il “Kunming-Montreal Global Biodiversity Framework” (GBF), l’accordo raggiunto alla Conferenza delle Parti della Convenzione ONU sulla Biodiversità (CBD-COP15), prevede, tra l’altro, che entro il 2030 siano “gestite efficacemente le interazioni uomo-fauna selvatica onde ridurre al minimo il conflitto uomo-fauna selvatica per la coesistenza”.

In copertina: Orso bruno (foto Vincenzo Penteriani)

Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.