Anche se le centinaia di migliaia di studenti che hanno riempito le piazze, aderendo al Global Strike for Future, hanno ribadito che non vogliono essere rappresentati da alcun partito, non c’è dubbio che implicazioni politiche sono insite in un movimento che mette in discussione il modello politico-economico che ha provocato la crisi ambientale che mette a rischio il loro futuro.
In tutto il mondo oggi (15 marzo 2019) si sono svolte oltre 1.700 manifestazioni di degli studenti (241 in Italia, primo Paese seguito da Francia e Germania) per protestare contro l’inazione dei Governanti nei confronti dei cambiamenti climatici, al motto Global Strike for Future.
L’evento è stato organizzato sulla scia dell’iniziativa Friday for Future messa in atto dalla giovanissima attivista svedese Greta Thunberg che dalla fine di agosto ha cominciato ad assentarsi il venerdì dalle lezioni scolastiche per manifestare di fronte alla sede del Parlamento svedese con il cartello “Sciopero scolastico per il clima”, per chiedere che il suo Paese, pur sensibile alla difesa dell’ambiente, assumesse decisioni per ridurre le emissioni di carbonio, secondo gli impegni assunti con l’Accordo di Parigi.
Invitata alla COP24 di Katowice (1-15 dicembre 2018), è divenuta celebre per il discorso che ha tenuto all’Assemblea plenaria, in cui aveva accusato i Governi di non prendere decisioni adeguate alla gravità dei cambiamenti climatici come indicato dagli scienziati.
In seguito ha partecipato al WEF 2019 (Davos,22-24 gennaio) ed è stata invitata a Bruxelle per partecipare alla Conferenza organizzata dal Comitato Economico e Sociale Europeo (CESE) nel corso del quale ha avuto un vivace scambio di opinioni con il Presidente della Commissione UE, Jean-Claude Juncker.
Per il suo impegno ambientalista, un gruppo di parlamentari norvegesi l’ha proposta per l’assegnazione del Premio Nobel per la Pace.
Greta non si è limitata a partecipare ai riunioni con i grandi della Terra, ma anche alle prime manifestazioni organizzate dagli studenti in varie capitali europee, lanciando messaggi sui social network, con l’hashtag #fridayforfuture, divenuto in poco tempo un fenomeno virale globale, culminato appunto con il Global Strike for Future.
In vista dell’odierna manifestazione, Greta aveva postato sul suo profilo Twitter delle “regole” che da seguire per chi volesse combattere per gli stessi traguardi, nel timore che potessero insorgere proteste violente e incontrollate.
Chi avesse voluto aderire all’iniziativa Global Strike for Future non avrebbe dovuto:
– usare la violenza;
– causare danni;
– imbrattare;
– trarre profitto (economico) dalle sue azioni;
– disseminare odio.
Inoltre, ogni manifestante dovrà cercare di ridurre più che può la propria impronta ambientale (carbon footprint) e in caso di partecipazione a dibattiti e discorsi, fare sempre riferimento a studi scientifici riconosciuti.
Greta, nello stesso messaggio, ha voluto anche mettere in fila le richieste di coloro che manifesteranno per le strade del mondo:
– seguire gli Accordi di Parigi e quelli del Rapporto IPCC 2018;
– rimanere sotto il limite del +1,5 °C per quanto riguarda il riscaldamento globale;
– focalizzare l’attenzione, in ambito climatico, sui temi legati alla giustizia;
– stare uniti e difendere l’indipendenza e l’autorità della scienza.
Di fronte a queste riflessioni, i media hanno sottolineato il carattere apartitico del movimento, peraltro ribadito dagli studenti che non si sentono rappresentati da alcun partito, ma la classe politica è ben conscia che una protesta che pone al centro la difesa del futuro del Pianeta e delle generazioni a venire non può che essere un atto di accusa nei confronti di politiche intraprese finora, di mancato rispetto degli accordi di volta in volta assunti e di incapacità di assumere con tempestività quelle misure necessarie e indicate dagli scienziati per arrestare la deriva climatica e le sue drammatiche conseguenze.
I rapporti presentati all’Assemblea dell’ONU sull’Ambiente che si conclude oggi a Nairobi denunciano in maniera inequivocabile la situazione ambientale attuale:
– Global Resources Outlook 2019 messo a punto dall’International Resource Panel (IRP), il gruppo di 34 scienziati di fama mondiale di 30 diversi Paesi, dove si affermaaffermato che “La rapida crescita dell’estrazione di materiali è il principale responsabile dei cambiamenti climatici e della perdita di biodiversità, una sfida che peggiorerà se il mondo non intraprenderà urgentemente una riforma sistemica dell’uso delle risorse”;
– Global Chemicals Outlook II redatto da 400 scienziati ed esperti, che testimonia come “I Paesi non raggiungeranno l’obiettivo concordato a livello internazionale per ridurre al minimo gli impatti negativi delle sostanze chimiche e dei rifiuti entro il 2020, per cui c’è la necessità di un’azione urgente per ridurre ulteriori danni alla salute e all’economia umana”;
– il Global Environment Outlook (GEO-6) redatto da 250 scienziati ed esperti di 70 Paesi diversi dove si afferma che l’inquinamento ambientale è responsabile di un quarto dei decessi a livello mondiale e che la salute delle persone sarà sempre più minacciata a meno che non venga intrapresa un’azione urgente, sulla base di “misure e tecnologie disponibili che sono in grado di creare nuovi percorsi di sviluppo che evitino questi rischi e apportino salute e prosperità per tutte le persone. Ciò che manca attualmente è la volontà politica implementarle tecnologie alla velocità e scala necessarie”.
Riassumendo i 7 fattori chiave che dimostrerebbero come le sfide per la sostenibilità globale non si limitano solo ai cambiamenti climatici in atto, del Rapporto “Questa è una crisi: da guardare in faccia nell’età della disgregazione ambientale”, pubblicato lo scorso febbraio dall’Istitute for Public Policy Research, think tank britannico, sottolinea che la “disgregazione ambientale” attuale ha raggiunto livelli tali da provocare il rischio di impatti economici, sociali e politici, ben superiori a quelli verificatisi con la crisi finanziaria del 2008, mentre i decisori politici non sembrano rendersi conto del pericolo.
La “crisi ambientale” è la “crisi della politica”, e un movimento come Global Strike for Future mette in discussione un modello politico-economico ormai giunto alla fine del suo ciclo, chiedendo di intraprendere le nuove strade indicate dalla scienza, se si vuole salvaguardare il futuro del Pianeta e dei suoi abitanti.
Non riconoscere questa realtà da parte dei politici sarebbe drammatico perché non verrebbero adottate quelle misure tempestive e coraggiose, necessarie per contrastare la crisi che stiamo vivendo, con conseguenze politiche che al momento non possono essere identificate.