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Ghiacciai: Italia ed Europa rischiano di rimanere senza

La fotografia che emerge dalla V Campagna “Carovana dei Ghiacciai” di Legambiente, con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano, non lascia dubbi circa il rischio che i ghiacciai dell’intero arco alpino nel giro di pochi anni possano scomparire sotto gli effetti dei cambiamenti climatici. L’Associazione ambientalista lancia un Manifesto per una governance dei ghiacciai e delle risorse connesse e una Petizione per chiedere al Governo italiano di dare risposte concrete.

Entro il 2100, secondo alcuni studi scientifici, con un riscaldamento globale di 2,7 °C, l’Europa centrale rischia di perdere il 100% della copertura glaciale. Il primo grido d’allarme arriva proprio dai ghiacciai dell’arco alpino, ormai già da tempo in agonia e in coma irreversibile: dalla Francia all’Italia passando per la Slovenia i giganti bianchi fondono a ritmi impressionanti, con un’accelerata che si è intensificata soprattutto dagli anni 2000, lasciando spazio a rocce e detriti e a nuovi ecosistemi che riempiono il vuoto lasciato dai ghiacciai. In più l’aumento degli eventi meteo estremi ha accelerato fenomeni come frane e colate detritiche rendendo la montagna più instabile.

A tracciare un bilancio sullo stato dei ghiacciai alpini in Italia e all’estero è V edizione di Carovana dei ghiacciai 2024, la campagna internazionale di Legambiente in collaborazione con CIPRA ITALIA e con la partnership scientifica del Comitato Glaciologico Italiano (CGI), che dal 18 agosto al 9 settembre ha realizzato 7 tappe lungo l’arco alpino, osservando 12 ghiacciai: 10 in Italia e 2 all’estero. Dal ghiacciaio della Mer del Glace sul Monte Bianco, il tetto d’Europa e il re delle Alpi, che in 174 anni ha perso 300 metri di spessore all’altezza della stazione Montenvers, al ghiacciaio di Flua sul Monte Rosa, estinto dal 2017, che nell’800 era grande quanto 112 campi di calcio, ma che oggi è solo un mare di rocce e detriti.  Anche i ghiacciai limitrofi al Flua, non se la passano bene. Dagli anni ‘8o il ghiacciaio delle Piode e il Sesia-Vigna (ramo orientale) sono arretrati di oltre 600 metri lineari, con una risalita della quota minima frontale di oltre 100 metri.

In sofferenza anche i ghiacciai della Valpelline in Valle d’Aosta, che arretrano sempre di più feriti anche dagli eventi meteo estremi. Dal 1850 la fronte dell’antico ghiacciaio, che comprendeva gli attuali ghiacciai minori, è arretrata di ben 7 km. In particolare, preoccupa l’accelerazione che si è registrata dagli anni 2000, con il ghiacciaio delle Grandes Murailles che ha perso 1,3 km di lunghezza dal 2005 e la sua fronte oggi si trova a circa 2900 m s.l.m., ben 500m più in alto. Analogamente, il ghiacciaio di Tza de Tzan ha perso 1,2 km di lunghezza dal 2002 e la sua fronte è “risalita” di ben 400m, attestandosi alla stessa quota del ghiacciaio delle Grand Murrailes.

Impressiona la velocità del ritiro del ghiacciaio di Fellaria, ghiacciaio lombardo per estensione, che ha perso il 46% della sua superficie dal 1850 ad oggi, creando un grande lago proglaciale, iniziato a formarsi dopo il 2003, e che ha raggiunto un’estensione di 222.000 metri quadri (pari a 30 campi da calcio). E poi ci sono i ghiacciai sotto i 3500 metri in coma irreversibile come il ghiacciaio della Marmolada che registra picchi di perdita di spessore a breve termine di 7 cm al giorno. Se 136 anni fa si estendeva per circa 500 ettari, ed era grande come 700 campi da calcio, dal 1888 ha registrato una perdita areale superiore all’80% e una perdita volumetrica superiore al 94%. La Marmolada, insieme al ghiacciaio dell’Adamello e dei Forni e ai ghiacciai sotto i 3500 metri, è destinato a scomparire entro il 2040.  Per arrivare ai ghiacciai morenti delle Alpi Giulie: i Ghiacciai del Canin (In Friuli Venezia Giulia)e del Triglav (in Slovenia)che si sono ridotti a residui sparsi di neve e ghiaccio.  Il primo è passato da una superficie da 9,5 ettari negli anni 50 agli 1,4 ettari di oggi; il secondo da 40 ettari, ossia grande quanto 56 campi da calcio, nel 1946 a circa 0,2 ettari nel 2022 meno di un campo da calcio. Una buona notizia: dal Ghiacciaio del Montasio che resiste, poiché nell’inverno 2023-2024 ha accumulato 8 metri di neve In Lombardia, il ghiacciaio dei Forni dalla seconda settimana di luglio a inizio agosto, con l’arrivo dell’anticiclone africano, è stato in fusione giorno e notte con un elevato tasso che va dai 4 agli 8 cm al giorno di ghiaccio fuso a quota 2650 e 2600 m, con una perdita totale di spessore che nelle aree frontali si avvicina ai 2 metri. Lungo i sentieri di avvicinamento al ghiacciaio dei Forni, Carovana dei ghiacciai ha anche organizzato un’attività di clean up nell’ambito di Puliamo il Mondo di Legambiente, Campagna di volontariato ambientale in programma il 20, 21 e 22 settembre in tutta Italia.

Di fronte a questo bilancio, Carovana dei ghiacciai di Legambiente, anche in vista dell’Anno internazionale per la conservazione dei ghiacciai (2025), proclamato dalla 76ma Sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite (UNGA) per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle gravi conseguenze del fenomeno, torna a ribadire l’urgenza di una governance europea e internazionale dei ghiacciai e l‘applicazione di interventi e politiche urgenti che Legambiente ha riassunto nel Manifesto per una governance dei ghiacciai e delle risorse connesse.

In particolare, l’associazione ambientalista lancia anche 5 proposte legate alle minacce e questioni ambientali in corso:
1) l’attuazione del piano di adattamento nazionale e di piani a scala locale;2) un turismo ad alta quota più sostenibile e rispettoso della montagna per frenare l’overtourism; 3) più coscienza ambientale e attenzione ai propri rifiuti, le montagne non sono discariche;
4) tutelare i nuovi ecosistemi che si stanno formando in quota attuando la road map nazionale sulla biodiversità che Legambiente ha proposto nella tappa sulle Alpi Giulie;
5) definire un piano nazionale per lo smantellamento degli impianti ad alta quota chiusi e abbandonati.

Con la V edizione di Carovana dei ghiacciai abbiamo raccontato la fragilità e la sofferenza di montagne e ghiacciai minacciate dalla crisi climatica ma anche dalle attività antropiche, come l’overtourism, i rifiuti abbandonati in quota o i vecchi impianti chiusi e da smantellare come quello a Pian Dei Fiacconi, sulla Marmolada – ha dichiarato Vanda Bonardo, Pesponsabile nazionale Alpi di Legambiente e Presidente di CIPRA ITALIA (Commissione Internazionale per la Protezione delle Alpi) – La montagna sta cambiando volto e profilo, nuovi ecosistemi prendono vita, mentre nevica sempre di meno. La neve tardiva di questa primavera non è bastata per aiutare i ghiacciai in agonia. È tempo di agire, ce lo ricorda ogni anno l’IPCC che oltre ai dati ribadisce da anni l’urgenza di azioni concrete da parte degli stati di tutto il mondo. Quello che serve è una governance europea e internazionale per i giganti bianchi accompagnata da una gestione sostenibile del territorio e da interventi precisi come quelli che abbiamo sintetizzato nel Manifesto e nella petizione ‘Una firma per i ghiacciai, che invitiamo tutti a firmare”.

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