Risorse e rifiuti Sostenibilità

End of Waste “Plastiche miste”: le perplessità dell’AIREC sulla bozza

Le imprese produttrici di Combustibili Solidi Secondari dal recupero dei rifiuti esprimono riserve sulla bozza di DM “End of Waste” per le plastiche miste, che rischia di provocare confusione tra riciclo e recupero energetico, prefigurando “scorciatoie” a danno della sicurezza ambientale e della tracciabilità dei flussi.

L’Ufficio legislativo del Ministero dell’Ambiente (MATTM) sta approntando il Decreto di cessazione di rifiuto (End of Waste) delle plastiche miste, la cui bozza in circolazione sta mettendo in allarme varie Associazioni del riciclo per le previsioni che vi sono contenute.

Se l’obiettivo è di trovare sbocchi alle plastiche miste che provengono dalla raccolta differenziata dei rifiuti urbani, pari ad oltre 500 mila tonnellate annue, i criteri specifici per i quali le plastiche miste cessano di essere rifiuto non convincono, tra le altre, l’A.I.R.E.C. (Associazione Italiana del Recupero Energetico da Combustibili Solidi Secondari), aderente a Confindustria – Cisambiente.

Con un Comunicato diffuso il data 14 febbraio 2021, l’Associazione dopo aver rammentato che il settore in cui operano le imprese rappresentate è stato il primo che ha potuto usufruire di Regolamento End of Waste (D.M. n. 22 febbraio 2013), sottolinea che le perplessità che suscitano la bozza di Regolamento in circolazione sono sia di ordine generale sia rispetto al mercato di riferimento in cui le imprese associate operano.

Sono 3 i punti sollevati dall’A.I.R.E.C. che vengono riportate integralmente:
1. vengono accorpati in un unico strumento in quanto “plastiche miste recuperate” materiali che hanno certamente comune origine (i “rifiuti di plastiche miste”) ma che derivano da operazioni profondamente diverse tra di loro per la destinazione d’uso prevista, sulla base di ben quattro diverse norme UNI: 10667-14 per l’utilizzo di plastiche miste recuperate come aggregati nelle malte cementizie, nei bitumi e negli asfalti; 10667-16 per l’utilizzo di plastiche miste recuperate a base di poliolefine nelle varie forme e/o per produrre manufatti tramite estrusione, stampaggio e/o altre tecnologie di trasformazione; 10667-17 per l’utilizzo di plastiche miste recuperate; 10667-18 per l’utilizzo di plastiche miste recuperate.

2. in particolare, si evidenzia come queste quattro diverse norme UNI portino in alcuni casi addirittura ad esiti radicalmente diversi tra loro rispetto alla gerarchia comunitaria delle forme di gestione dei rifiuti. La produzione di combustibili non convenzionali non può mai infatti essere definita come una forma di riciclo, così come ribadito dall’art. 205-bis, comma 4, lettera b, del d.lgs 152/06, mentre per il riciclo chimico delle plastiche manca ancora una sua chiara definizione a livello comunitario. In ogni caso, deve essere chiaro che può essere definito come “avviato a riciclo” solo il materiale che soddisfa tutte le prescrizioni e limitazioni poste dal citato art. 205 del d.lgs 152/06, nell’ottica di salvaguardare, anche in questo caso come in quello della produzione di combustibili solidi secondari che più preme alle Imprese associate ad A.I.R.E.C., il principio della priorità dell’elemento qualitativo (che garantisce un utilizzo effettivo e conforme del prodotto ottenuto) su quello meramente quantitativo (che pone invece le basi per soluzioni di difficile verificabilità o, peggio ancora, border line).

3. la produzione di Combustibili Solidi Secondari C (CSS-C), come detto, è comunque già normata da uno specifico D.M., per cui non si capisce l’utilità di creare una sorta di “doppio binario”, che comporterebbe inevitabilmente disparità di trattamento tra le Imprese e, quindi, tangibili rischi di distorsione degli equilibri concorrenziali. Mentre infatti gli impianti che operano in base al D.M. 22/2013 sono in regime di A.I.A. e con sistemi di gestione ambientale certificata – ISO 14000 o EMAS, oltre che di rigorose procedure di tracciabilità, classificazione e certificazione (tra le quali, ad esempio, la necessità di registrare il prodotto all’ECHA – Europea Chemical Agency – secondo il Regolamento REACH ai fini della sua commercializzazione ed immissione sul mercato), la proposta di Regolamento sembra prospettare addirittura la possibilità di intraprendere il trattamento e, quindi, la produzione di materiale End of Waste, da parte di impianti in procedura semplificata, con una semplice certificazione ISO 9001 e senza dettare alcuna condizione di cautela per gli impianti di utilizzazione finale, che sarebbero quindi esclusi da Valutazioni di Impatto Ambientale e dal regime di A.I.A
.”.


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