Circular economy

End of waste del mesocarpo della noce di cocco

Il Progetto di ricerca “End of waste del mesocarpo della noce di cocco”, realizzato da studenti dell’Istituto di Istruzione Superiore “G. Galilei” di Jesi (An), ha vinto la medaglia d’oro quale miglior progetto della sezione Environmental sciences al “World Youth STEM Invention Innovation 2025” (Medan-Indonesia, 23-27 febbraio 20255), il concorso internazionale dedicato alle invenzioni scientifico-tecnologiche realizzate dalle scuole di ogni ordine e grado, università comprese, volto a potenziare l’istruzione delle discipline STEM e promuovere le migliori pratiche di insegnamento e apprendimento.

Un processo di valorizzazione del mesocarpo del cocco che sfrutta l’estrazione dei tannini e la capacità che hanno le fibre di cocco di assorbire calcio e magnesio, per produrre un substrato ricco di macronutrienti utilizzabile in agricoltura in sostituzione della classica torba.

È l’obiettivo del Progetto End of Waste del mesocarpo della noce di cocco“, svolto nell’anno scolastico 2023-2024 dagli studenti Alessio Pieretti, Amanda Garofoli ed Emma Lenti del corso Biotecnologie Ambientali dell’Istituto Istruzione Superiore “G. Galilei” di Jesi (AN), coordinati dal Prof. Massimiliano Loroni e dalla Prof.ssa Milva Antonelli, del quale avevamo anticipato in un precedente articolo la pubblicazione, nell’ambito della diffusione delle buone pratiche scolastiche per colmare il divario di competenze nelle discipline STEM (Scienza, Tecnologia, Ingegneria e Matematica), a cui rinviamo per approfondire la questione.  

Il Progetto è stato selezionato l’anno scorso dalla Federazione delle Associazioni Scientifiche e Tecniche (FAST), nell’ambito dell’European Union Contest for Young Scientists. per partecipare al World Youth STEM Invention Innovation 2025” (Medan-Indonesia, 23-27 febbraio 2025), il concorso internazionale dedicato alle invenzioni scientifico-tecnologiche realizzate dalle scuole di ogni ordine e grado, università comprese, e volto a potenziare l’istruzione delle discipline STEM e a promuovere le migliori pratiche di insegnamento e apprendimento, dove ha conseguito la Medaglia d’oro quale miglior progetto della sezione Environmental sciences, e “per l’alto livello scientifico, la creatività e l’originalità” tale riconoscimento è stato attribuito anche agli insegnanti, peraltro entrati nella Top 25 del WYSII International Teacher Award per il loro impegno di lunga data nel coinvolgere le giovani generazioni a lavorare e innovare nel campo delle STEM. 

Il cocco, scientificamente noto come Cocos nucifera, è una pianta tropicale rinomata per la sua eccezionale versatilità e i molteplici benefici che offre all’umanità. Originaria delle regioni tropicali dell’Asia e dell’Oceano Pacifico, questa pianta ha una lunga e ricca storia d’uso che spazia dall’alimentazione alla costruzione, dall’industria cosmetica all’agricoltura.

La coltivazione della palma è diffusa in molte regioni tropicali, con una notevole concentrazione nei Paesi dell’Asia Sud-orientale (Indonesia e Filippine) e Asia Meridionale (India e Sri Lanka), aree geografiche che assommano ad oltre il 70% della produzione mondiale (62,41 milioni di tonnellate metriche secondo gli ultimi dati della FAO, 2022).

Dal frutto della noce di cocco oggi si ricava principalmente l’endosperma (copra), una risorsa naturale ricca, costituita da acqua, grassi, carboidrati e fibre, oltre a contenere vitamine, minerali e antiossidanti. Questa polpa bianca oleosa commestibile da cui si ricava la farina di cocco, rappresenta però solo una minima parte (circa 10%) della noce. Il mesocarpo composto da fibre costituisce gran parte dell’intero frutto (circa 80%) ed è il principale sottoprodotto delle industrie del cocco , spesso trascurato a tal punto da essere bruciato o disperso nell’ambiente, nonostante il suo grande potenziale.

Ad Alessio Pieretti si deve l’idea di studiare ed approfondire il riutilizzo sostenibile degli scarti di produzione delle noci di cocco. Durante un viaggio studio in Costa Rica aveva osservato la pratica di incenerire le noci dopo il consumo da parte dei turisti. A loro volta, Emma Lenti e Amanda Garofoli, co-autrici della ricerca assieme a Pieretti, durante un progetto Erasmus all’isola della Réunion, nell’oceano Indiano, avevano osservato che anche in quella località c’è una gestione poco attenta del fine vita delle noci di cocco, disperse nell’ambiente, in discariche a cielo aperto.

Da qui, nel corso di una lezione di Chimica Ambientale incentrata sullo sviluppo dell’economia circolare è emersa la volontà di valutare possibili soluzioni per una gestione sostenibile degli scarti del cocco al fine di ottenere sottoprodotti riutilizzabili in altri settori e minimizzare i residui da inviare a smaltimento. In pratica di individuare un processo End of Waste, ovvero di trasformare quel che è considerato rifiuto in una risorsa. In praticaessazione della qualifica di rifiuto, da applicare allo “scarto” della lavorazione della noce di cocco.

Preliminarmente, si è proceduto alla caratterizzazione delle proprietà del mesocarpo, tra le quali:
– Resistenza e durabilità:le fibre di cocco sono resistenti e durevoli, adatte quindi ad essere utilizzate per prodotti che richiedono robustezza, come ad esempio tappeti e corde.
Biodegradabilità:le fibre di cocco sono di origine naturale e di conseguenza biodegradabili, non apportano danni agli organismi vegetali e animali.
– Assorbimento di umidità:le fibre di cocco hanno la capacità di assorbire l’umidità contribuendo a mantenere gli ambienti più asciutti e freschi.
Resistenza agli agenti biologici:le fibre di cocco sono naturalmente resistenti agli attacchi di funghi, batteri e insetti, grazie a composti come i tannini contenuti nelle fibre del mesocarpo.
– Isolamento acustico e termico: grazie alla loro struttura le fibre di cocco sono adatte per comporre materiali isolanti.
– Leggerezza: nonostante la loro resistenza, le fibre di cocco risultano leggere, con una densità che si aggira tra 0,05-0,12 g/cm3.
Flessibilità: le fibre di cocco risultano duttili e possono essere intrecciate o tessute.

Il mesocarpo è costituito da composti come: lignina, cellulosa, emicellulosa, pectina e acqua in diverse concentrazioni da frutto a frutto. Alcuni studi scientifici hanno evidenziato, inoltre, come la struttura chimica polare delle unità monomeriche che costituiscono l’emicellulosa, la cellulosa e la lignina impartiscono alla fibra di cocco la capacità di adsorbire metalli pesanti in soluzione, in particolare si è riscontrata un’elevata capacità di adsorbimento verso i cationi bivalenti, con possibili soluzioni per trattare reflui inquinati da piombo (Pb), cadmio (Cd) ed altri metalli pesanti.

Per la verifica dei dati di lettura, sono iniziate le prime prove di laboratorio sperimentando e verificando quanto e come tali cationi si legano con le fibre. Nello specifico, si sono analizzate tramite spettrofotometria di assorbimento atomico con fornetto di grafite soluzioni di piombo bivalente poste a contatto con fibra di cocco (trattata con acqua ultra pura ed essiccata). I risultati strumentali hanno confermato una elevata proprietà di adsorbimento.

La capacità di legare cationi bivalenti può essere utilizzata per abbassare la concentrazione di Ca2+ e Mg2+ nelle acque, diminuendone la durezza. Si è pensato quindi di realizzare un filtro per l’addolcimento delle acque composto da fibre di cocco triturate e pressate. Le prove di laboratorio condotte facendo percolare acqua di rubinetto su colonna impaccata con fibra di cocco triturata, ha riscontrato una capacità di riduzione della durezza di circa 10/15 °F con un rapporto acqua/fibra di 100l/Kg. Tuttavia, l’utilizzo della fibra di cocco per ridurre la durezza dell’acqua è stato presto escluso per la colorazione arancione-marrone che questa assume.

Si è quindi ipotizzata la cessione in acqua di composti di cui molti frutti sono ricchi e cioè i tannini, una classe di composti polifenolici. Approfondendo le analisi di tali su composti se ne sono determinate le qualità e le quantità estraibili dalle fibre di cocco.

L’ultima fase del progetto è stata dedicata allo studio e progettazione di un prototipo di processo industriale in grado di realizzare su grande scala le attività svolte in laboratorio, ovvero diun impianto di valorizzazione del mesocarpo del cocco che permetta l’estrazione di tannini e la produzione di fibre di cocco arricchite di nutrienti quali cationi di Ca2+ e Mg2+.

La fibra di cocco dopo l’estrazione dei tannini risulta priva di salinità e pronta per essere utilizzata ad esempio in ambito agricolo, in particolare nel settore del vivaismo come valida alternativa all’utilizzo della torba avendo caratteristiche fisico-chimiche molto simili. Può essere utilizzata pura o in miscela, grazie alle ottime capacità di ritenzione idrica, riducendo la quantità di acqua necessaria all’irrigazione e mantenendo nel contempo un substrato umido, drenante e poroso.

I vantaggi dell’utilizzo di fibra di cocco come substrato di crescita delle piante si riscontrano nella stabilità del pH (generalmente compreso tra 5.4 e 7.0), nella elevata capacità di scambio cationico e nel peso specifico ridotto.

Il lavoro di ricerca iniziato con la verifica sperimentale delle informazioni raccolte in letteratura ha avuto un percorso non sempre lineare, con variazioni di obiettivi a seguito dei risultati sperimentali e delle loro interpretazioni, ma importante è stato aver individuato un processo di End of Waste. L’applicazione del Life Cycle Assesment (LCA) ha quantificato un impatto ambientale del processo di recupero di circa 0.2 Kg equivalenti di CO2 per ogni Kg di mesocarpo trattato, mentre lo smaltimento per incenerimento produce mediamente 1.48 Kg equivalenti di CO2 per ogni Kg di mesocarpo.

Approfondire questi settori di ricerca – sottolineano gli autori del Progetto – è l’unico modo di traghettare gli attuali processi economici produttivi da lineari a circolari e sostenibili dell’industria del cocco, dove il mesocarpo viene scartato come rifiuto e persino bruciato, estraendo i tannini ed in seguito utilizzando le fibre come fonte di carbonio organico, ricco di macronutrienti essenziali per le piante (Ca2+ e Mg2)”.

Per ulteriori approfondimenti si rinvia al testo del Progetto.

Immagine di copertina: fonte Darby Arunika Swastamita

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