Circular economy

Economia circolare: il sondaggio di Ipsos a Ecoforum 2024

Nel corso della prima giornata di Ecoforum (Roma, 3-4 luglio 2024), l’annuale evento organizzato da Legambiente, La Nuova Ecologia e Kyoto Club, dedicato quest’anno al tema “Economia circolare 2030: priorità, cantieri e strumenti per raggiungere gli obiettivi europei”, è stato presentato il consueto sondaggio di Ipsos che quest’anno vede l’inserimento dell’opinione degli italiani sulla riapertura del dibattito sull’energia nucleare.

– La sostenibilità si arricchisce sempre più di nuovi contenuti e sfumature che se non correttamente veicolati rischiano di creare dubbi e confusione nella mente dei cittadini. In questo contesto il livello di conoscenza dell’economia circolare risulta stabile.

– Gli italiani ritengono che i rifiuti siano in massima parte raccolti correttamente anche se PA e Aziende sono ritenute meno virtuose dei cittadini stessi. Si intuisce una lieve perdita di centralità del tema che fa apparire l’Italia in ulteriore allontanamento dall’Europa rispetto all’impegno per l’economia circolare.

– Olio minerale, RAEE e plastica dura sono ritenuti i materiali più pericolosi da smaltire e anche tra i più difficile da smaltire correttamente. La possibilità della rigenerazione è poco nota. All’altro estremo troviamo carta, vetro, PET e alluminio che nel percepito hanno un ciclo di utilizzo, smaltimento e riuso assolutamente virtuoso.

– I cambiamenti climatici creano soprattutto disastri naturali e impatti economici sulla vita dei cittadini. La regia per contrastarli è in mano ai governi che devono necessariamente avere la collaborazione di tutti: aziende, consorzi, amministrazioni locali e cittadini. Ognuno può contribuire con il proprio agire quotidiano.

– Oggi 3 italiani su 4 sono avversi al nucleare seppur con diversi gradi di chiusura. La metà ritiene che non ci siano assolutamente le condizioni per un ritorno al nucleare considerato troppo pericoloso e non conveniente. L’altra metà condiziona una possibile adesione alla ricerca e allo sviluppo di una tecnologia che riduca drasticamente i rischi.

Sono i risultati  dell’indagine “L’Italia e l’economia circolare”,  condotta da Ipsos e presentata nel corso della prima giornata della XI edizione di Ecoforum (Roma, 3-4- luglio 2024), l’evento organizzato da LegambienteLa Nuova Ecologia e Kyoto Club e dedicato quest’anno al tema “Economia circolare 2030: priorità, cantieri e strumenti per raggiungere gli obiettivi europei”.

Dal sondaggio di Ipsos, commissionato da Legambiente e condotto dal 4-11 giugno 2024 su un campione rappresentativo della popolazione italiana di 16-75 anni tramite 1.000 interviste con metodologia CAWI, emerge che presso la popolazione italiana la conoscenza della sostenibilità è stabile, anche se nell’ultimo anno si accresce la quota di coloro che ne hanno una conoscenza distorta, pur rimanendo una minoranza.

La conoscenza dell’economia circolare si conferma stabile rispetto al 2023 dopo l’importante crescita registrata nel 2022. C’è spazio per rendere più conosciuto sia il termine definitorio ma soprattutto i contenuti dello stesso.

La narrazione dell’economia circolare appare sbiadita considerando una conoscenza che non cresce e una percezione di lontananza da quello che accade negli altri Paesi europei. Solo il 12% degli italiani ritiene che l’Italia abbia un posizionamento migliore rispetto alla media europea con riferimento alla circolarità delle produzioni.

Oltre un italiano su 2, ritiene che in futuro i “green jobs”, i lavori collegati alla sostenibilità aumenteranno. Tra i conoscitori dell’economia circolare questa quota si incrementa in modo sensibile arrivando al 71%.

Le famiglie e gli individui si confermano i soggetti ritenuti più virtuosi rispetto allo smaltimento dei rifiuti. Più arretrati il settore pubblico e soprattutto le aziende. Sebbene i risultati siano positivi diminuisce l’idea che lo smaltimento corretto riguardi la maggior parte dei rifiuti.

La classifica dei materiali ritenuti pericolosi da smaltire vede l’olio minerale usato al primo posto seguito dai RAEE e dalla plastica dura (non PET). Più arretrati l’olio vegetale e la plastica PET per alimenti.

Oltre un italiano su 5 ritiene che non ci siano materiali difficili da smaltire. Coloro che trovano difficoltà a smaltire alcuni tipi di rifiuti vedono ai primi posti RAEE e olio vegetale da cucina. Seguono ravvicinati materiale ferroso, ceramica e materiali edili, olio lubrificante. Vetro, carta, alluminio, plastica PET presentano meno problemi di smaltimento.

Carta, vetro ma anche PET e alluminio sono ritenuti materiali più facili da smaltire correttamente, meno pericolosi e in grado di essere rigenerati e dunque di alimentare l’economia circolare.

Per gli italiani non è facile ricordare i nomi di consorzi legati all’economia circolare e alla raccolta di alcuni tipi di materiali. Il 22% è in grado di citarne spontaneamente almeno uno. I più citati Conai, Comieco e Corepla.

In generale, non si evidenziano modifiche sostanziali nell’ultimo anno relativamente alla conoscenza delle modalità di trattamento dell’olio minerale esausto. Si accresce nel tempo la convinzione che venga usato come combustibile (da 7% nel 2022 al 15% nel 2024). In generale non c’è preclusione per l’olio minerale rigenerato ma il consumatore chiede che venga indicato sulla lattina per poter fare scelte consapevoli.

Gli italiani vedono nei disastri naturali la prima conseguenza dei cambiamenti climatici che hanno effetto anche sul costo dei prodotti alimentari e della vita in generale. Solo un italiano su 5 riconosce le migrazioni per cause climatiche.

La lotta ai cambiamenti climatici è posta in mano ai governi nazionali di ciascun Paese, tuttavia lo sforzo richiesto è corale e deve vedere impegnati aziende e consorzi, amministrazioni locali e cittadinanza.

Nel sondaggio di quest’anno è stato inserito il tema del nucleare, che in questi giorni è ritornato di attualità dopo a diffusione del testo del Piano Nazionale Integrato Energia e Clima (PNIEC), inviato dal Governo italiano alla Commissione UE, che prevede di avere una quota di produzione nucleare, e le critiche espresse da alcune Associazioni ambientaliste.

Dal sondaggio emerge che 3 italiani su 4 sono avversi al nucleare seppur con diversi gradi di chiusura. La metà ritiene che non ci siano assolutamente le condizioni per un ritorno al nucleare considerato troppo pericoloso e non conveniente. L’altra metà condiziona una possibile adesione alla ricerca e allo sviluppo di una tecnologia che riduca drasticamente i rischi.

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