Dalla Relazione svolta dal Presidente dell’Istat nel corso dell’Audizione alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla demografia in atto, che riassume i dati del report sugli indicatori demografici 2024, evidenzia un quadro della situazione demografica dell’Italia che avrà in futuro forti ripercussioni sui conti pubblici.
“Sempre più anziani e meno giovani spingeranno verso l’alto i livelli della spesa sanitaria, previdenziale e assistenziale”.
È quanto sottolineato dal Presidente dell’Istituto nazionale di statistica (Istat), Prof. Francesco Maria Chelli nel corso dell’Audizione del 1° aprile 2025 alla Commissione parlamentare di inchiesta sugli effetti economici e sociali derivanti dalla transizione demografica in atto, nel corso della quale ha presentato la Relazione sull’’andamento e le caratteristiche dei principali fenomeni demografici in Italia, secondo i dati sugli indicatori demografici riportati nel Report che l’Istat aveva diffuso il giorno prima, con l’intento di contribuire ai lavori della Commissione.
Le rilevazioni periodiche e le analisi dell’Istituto rappresentano strumenti essenziali per lo studio della struttura della popolazione, dei flussi migratori, della natalità e della mortalità, delle trasformazioni delle famiglie e degli scenari evolutivi, temi affrontati nel corso dell’audizione, fornendo informazioni attraverso un ampio patrimonio di dati che permette di analizzare – e anticipare – i cambiamenti in atto, indispensabili per la pianificazione e il miglioramento delle politiche a favore della natalità e delle famiglie e per interventi in settori chiave come sanità, istruzione, infrastrutture, e. al contempo tali dati costituiscono una solida base di conoscenza per il contrasto alle disuguaglianze territoriali e la gestione sostenibile delle migrazioni.
“Un numero crescente di persone inattive e con limitazioni dell’autonomia personale – ha affermato il Presidente Istat – a fronte di una progressiva riduzione delle persone in età attiva, tenderà dunque a spingere verso l’alto i livelli della spesa pubblica in ambito sanitario, previdenziale e assistenziale, con possibili ripercussioni negative sulle risorse da destinare alle famiglie con figli e sulla già scarsa mobilità sociale intergenerazionale che contraddistingue il nostro Paese”.
Tra le principali innovazioni introdotte dall’Istituto negli ultimi anni, il Censimento permanente della popolazione e delle abitazioni, l’integrazione dei Registri con nuove fonti e l’utilizzo di metodologie innovative hanno permesso di migliorare la tempestività e la continuità nella raccolta dei dati, superando i limiti delle rilevazioni decennali, e rendendo l’Istat un punto di riferimento a livello internazionale per l’analisi demografica e sociale. Sono state inoltre introdotte piattaforme digitali e strumenti interattivi con l’obiettivo di rendere più accessibili i dati demografici, favorendo un dialogo informato e continuo con le istituzioni, i cittadini e la comunità scientifica. I dati diffusi dal Presidente Istat sono riferiti al 2024, la più recente fotografia disponibile e sono da ritenersi provvisori e verranno consolidati nell’ultima parte dell’anno.
“Il 2024 evidenzia una dinamica demografica in continuità con quella dei recenti anni post-pandemici: un calo contenuto della popolazione residente, la conferma di una dinamica naturale fortemente negativa i cui effetti vengono attenuati da una dinamica migratoria positiva, la progressiva contrazione della dimensione media delle famiglie – ha sottolineato Chelli – Il 2024 aggiunge però alcuni elementi: il minimo storico di fecondità, una speranza di vita che supera definitivamente i livelli pre-pandemici, l’aumento degli espatri di cittadini italiani, il nuovo massimo di acquisizioni della cittadinanza italiana, a cui si affianca comunque l’importante crescita della popolazione straniera residente. Al 1° gennaio 2025 la popolazione residente conta 58 milioni 934mila unità, 37mila in meno rispetto alla stessa data dell’anno precedente. Il processo di diminuzione della popolazione, in atto dal 2014, prosegue ininterrottamente e il decremento registrato nel 2024 (-0,6 per mille) è in linea con quanto osservato nei due anni precedenti (-0,4 per mille nel 2023 e -0,6 per mille nel 2022). Il calo di popolazione non coinvolge in modo generalizzato tutte le aree del Paese: mentre nel Nord la popolazione aumenta dell’1,6 per mille, il Centro e il Mezzogiorno registrano variazioni negative pari rispettivamente al -0,6 per mille e al -3,8 per mille. Nel 2024 le nascite si attestano a quota 370mila, registrando una diminuzione sul 2023 del 2,6%. Calano anche i decessi (651mila), il 3,1% in meno sul 2023, dato più in linea con i livelli pre-pandemici che con quelli del triennio 2020-22. Il saldo naturale, ovvero la differenza tra

Nel quadro di una popolazione che tende ad invecchiare, il numero di decessi tende strutturalmente a crescere, in quanto più individui sono esposti ai rischi di morte, anche qualora i rischi di mortalità rimanessero invariati da un anno all’altro. Quando ciò non si verifica, come nell’ultimo anno, può dipendere dal mutevole andamento delle condizioni climatico-ambientali, dall’alterna virulenza delle epidemie influenzali da una stagione alla successiva, da un precedente significativo eccesso di mortalità dovuto a circostanze eccezionali come avvenuto nel periodo pandemico e post-pandemico. Negli ultimi 15 anni si sono osservati diversi picchi significativi, nel 2012, 2015, 2017 e soprattutto nel 2020-2022, ai quali ha sempre fatto seguito un calo della mortalità negli anni immediatamente successivi.
“il calo delle nascite, oltre che essere determinato da un’importante contrazione della fecondità, è causato anche dalla riduzione nel numero dei potenziali genitori, a sua volta risultato del calo del numero medio di figli per donna registrato negli anni che li ha visti nascere – ha proseguito Chelli – La rilevanza dell’aspetto strutturale è ben evidente, considerando che la popolazione femminile nelle età convenzionalmente considerate riproduttive (15-49 anni) è passata da 14,3 milioni di unità al 1° gennaio 1995 a 11,4 milioni al 1° gennaio 2025. Gli uomini nella stessa fascia di età, pari a 14,5 milioni trenta anni fa, sono oggi circa 11,9 milioni. In tali condizioni, nel 1995, con una fecondità di poco superiore a quella odierna, le coppie misero comunque al mondo 526mila bambini, ossia 156mila in più di quelli nati nel 2024”.
La popolazione residente di cittadinanza straniera al 1° gennaio 2025 è di 5 milioni e 422mila unità, in aumento di 169mila individui sull’anno precedente (+3,2%), con un’incidenza sulla popolazione totale del 9,2%. Il 58,3% degli stranieri, pari a 3 milioni 159mila individui, risiede al Nord; altrettanto attrattivo per gli stranieri è il Centro, dove risiedono un milione 322mila individui (24,4% del totale), mentre più contenuta è la presenza di residenti stranieri nel Mezzogiorno, 941mila unità (17,3% del totale).

Con l’obiettivo di arricchire il panorama informativo, il Documento presentato alla Commissione parlamentare contiene anche alcuni Focus di approfondimento sulle opinioni dei ragazzi di 11-19 anni riguardo le loro aspettative in termini di comportamento demografico, desunti dall’ultima edizione dell’indagine “Bambini e ragazzi: comportamenti, atteggiamenti e progetti futuri”.
“In linea con la tendenza di diminuzione della popolazione in atto dal 2014, lo scenario di previsione ‘mediano’ contempla un ulteriore calo di 439mila individui tra il 2023 e il 2030 (da poco meno di 59 a 58,6 milioni), con un tasso di variazione medio annuo pari al -1,1 per mille – ha aggiunto il Presidente Istat – Nel medio termine, tra il 2030 e il 2050, la diminuzione della popolazione risulterebbe più accentuata: da 58,6 milioni a 54,8 milioni (tasso di variazione medio annuo pari al -3,3 per mille). Entro il 2080 la popolazione scenderebbe a 46,1 milioni, diminuendo di ulteriori 8,8 milioni rispetto al 2050 (-5,8 per mille in media annua), con un calo complessivo dall’anno base 2023 di 12,9 milioni di residenti. Nell’ipotesi più favorevole, dettata dallo scenario alto delle previsioni (limite superiore dell’intervallo di confidenza del 90%), la popolazione potrebbe subire una perdita di ‘soli’ 5,9 milioni tra il 2023 e il 2080, di cui 2,0 milioni già entro il 2050. Nel caso meno propizio, descritto dallo scenario basso delle previsioni (limite inferiore dell’intervallo di confidenza del 90%), il calo di popolazione toccherebbe i 19,7 milioni di individui entro il 2080, 6,3 milioni dei quali già in vista del 2050. In buona sostanza, nell’ambito di ipotesi ragionevoli (quelle cioè potenzialmente prospettabili per il Paese, a meno di ipotizzare scenari da replacement level [ndr: l’eventuale perdita annuale della popolazione viene compensata “artificialmente” con poste addizionali di flussi netti di migranti] la popolazione diminuirà, ma l’entità della riduzione può presentare evidenze numeriche molto diverse, che richiamano scenari non solo demografici ma anche sociali ed economici altrettanto diversi”.
Quanto riferito dal Presidente Chelli offre uno sguardo d’insieme sui principali fenomeni demografici in atto ma non esauriscono certo il quadro delle informazioni e delle analisi possibili, tra cui gli aspetti territoriali che potranno essere approfonditi in un secondo momento. Da questo punto di vista, e come già comunicato, l’Istituto è disponibile a proseguire il dialogo con la Commissione, su temi e analisi che saranno ritenuti utili allo svolgimento dei lavori.