Cibo e alimentazione Salute

Crisi alimentare: è solo la punta di un iceberg

In un Rapporto congiunto l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e Programma Alimentare Globale (WFP) chiedono un’azione umanitaria urgente per aiutare i “punti caldi della fame” dove si prevede un peggioramento della fame acuta nei prossimi mesi. 

Conflitti, condizioni meteorologiche estreme, shock economici, impatti persistenti del COVID-19 ed effetti a catena della guerra in Ucraina spingono milioni di persone nei Paesi di tutto il mondo alla povertà e alla fame, mentre si rischia l’instabilità dei paesi per le impennate nei prezzi di cibo e carburante.

È l’allarme lanciato dal nuovo Rapporto Hunger Hotspot. FAO –WFP early warnings on acute food insecurity” che l’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura (FAO) e il World Food Programme (WFP) hanno pubblicato alla vigilia della Giornata Mondiale della Sicurezza Alimentare.

Il Rapporto segnala come la guerra in Ucraina abbia esacerbato il già costante aumento dei prezzi del cibo e dell’energia in tutto il mondo, che stanno già impattando sulla la stabilità economica in tutte le regioni. Si prevede che gli effetti siano maggiori laddove l’instabilità economica e l’impennata dei prezzi si combinano con il calo della produzione alimentare dovuto a shock climatici come siccità ricorrenti o inondazioni.

Siamo profondamente preoccupati per l’impatto combinato di crisi sovrapposte che mettono a repentaglio la capacità delle persone di produrre e accedere agli alimenti, spingendo ulteriori milioni di persone a livelli estremi di grave insicurezza alimentare – ha affermato QU Dongyu, Direttore Generale della FAO – È una corsa contro il tempo per aiutare gli agricoltori nei paesi più colpiti, anche aumentando rapidamente la produzione alimentare e incrementando la loro resilienza“.

Punti principali del rapporto 

Il rapporto rileva che, insieme ai conflitti, sono gli shock climatici frequenti e ricorrenti che continuano a causare la fame acuta. Siamo entrati in una “nuova normalità” in cui siccità, inondazioni, uragani e cicloni distruggono ripetutamente l’agricoltura e gli allevamenti, provocano migrazioni e spingono milioni di persone ai limiti, in tutto il mondo.
Il rapporto avverte, inoltre, che i preoccupanti fenomeni climatici legati a La Niña dalla fine del 2020 potrebbero estendersi fino a tutto il 2022, aumentando i bisogni umanitari e la fame acuta. In Africa orientale, una siccità senza precedenti sta colpendo Somalia, Etiopia e Kenya con una quarta stagione consecutiva di piogge al di sotto della media, mentre il Sud Sudan dovrà affrontare il suo quarto anno consecutivo di inondazioni su larga scala, che probabilmente spingeranno le persone ad abbandonare le proprie case, devastando raccolti e bestiame. Si prevede anche piogge superiori alla media e il rischio di inondazioni localizzate nel Sahel, una stagione degli uragani più intensa nei Caraibi e piogge al di sotto della media in Afghanistan, paese già colpito da molteplici stagioni di siccità, violenze e sconvolgimenti politici.

Il rapporto sottolinea anche le terribili condizioni macroeconomiche in diversi paesi, causate dalle ricadute della pandemia di COVID-19 e aggravate dai recenti sconvolgimenti sui mercati alimentari ed energetici globali. Queste condizioni causano drammatiche perdite di reddito tra le comunità più povere e mettono a dura prova la capacità dei governi nazionali di finanziare gli ammortizzatori sociali, le misure di sostegno al reddito e l’importazione di beni essenziali.
Etiopia, Nigeria, Sud Sudan e Yemen rimangono nella categoria “massima allerta” come hotspot con condizioni catastrofiche, mentre Afghanistan e Somalia si aggiungono a questa preoccupante categoria rispetto all’ultimo rapporto pubblicato nel gennaio 2022. Questi 6 paesi hanno tutti una parte della popolazione nella fase 5. Catastrofe umanitaria“, dell’Integrated food security phase classification (IPC) o sono sul punto di precipitarvi, con 750.000 persone che rischiano fame e morte di cui 400.000 nella regione del Tigray in Etiopia, il numero più alto mai registrato in un paese dalla carestia in Somalia nel 2011.
La Repubblica Democratica del Congo, Haiti, il Sahel, il Sudan e la Siria rimangono in una condizione di “forte preoccupazione” per il deterioramento delle condizioni, come nell’edizione precedente di questo rapporto, con il Kenya che entra ora in questo elenco. Sri Lanka, paesi costieri dell’Africa occidentale (Benin, Capo Verde e Guinea), Ucraina e Zimbabwe si aggiungono ai paesi hotspot, affiancandosi ad Angola, Libano, Madagascar e Mozambico che continuano ad essere hotspot della fame, secondo il rapporto.

È una tempesta perfetta che non solo danneggerà i più poveri tra i poveri, ma travolgerà anche milioni di famiglie che fino ad ora sono riuscite a barcamenarsi – ha sottolineato David Beasley, Direttore Esecutivo del WFP – Le condizioni ora sono molto peggiori rispetto alla primavera araba nel 2011 e alla crisi dei prezzi alimentari del 2007-2008, quando 48 paesi sono stati scossi da disordini politici, rivolte e proteste. Vediamo già cosa sta succedendo in Indonesia, Pakistan, Perù e Sri Lanka: questa è solo la punta dell’iceberg. Le soluzioni esistono. Ma dobbiamo agire e farlo in fretta”.

Il rapporto fornisce raccomandazioni concrete e specifiche per ogni paese sulle priorità, per una risposta umanitaria immediata per salvare vite umane, prevenire la carestia e proteggere i mezzi di sussistenza, nonché azioni preventive. Il recente impegno del G7 ha evidenziato l’importanza di rafforzare l’azione preventiva nell’assistenza umanitaria e allo sviluppo, assicurando che i rischi prevedibili non si trasformino in vere e proprie catastrofi umanitarie.


Articoli simili

Lascia un commento

* Utilizzando questo modulo accetti la memorizzazione e la gestione dei tuoi dati da questo sito web.