Uno studio condotto da un gruppo internazionale di ricercatori evidenzia le conseguenze sulla salute dei cittadini europei per l’eventuale rinvio al 2040, come vorrebbe il Consiglio europeo, dei tempi di implementazione dei nuovi limiti previsti dalla proposta della Commissione UE di revisione della Direttiva sulla qualità dell’aria-ambiente.
Ritardare di 10 anni nel completo allineamento della Direttiva UE sulla qualità dell’aria ambiente alle nuove Linee Guida sulla qualità dell’aria dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) comporterebbe oltre 327.600 morti premature in tutta Europa.
Il monito è contenuto nell’articolo “Urgent Call to Ensure Clean Air For All in Europe, Fight Health Inequalities and Oppose Delays in Action” pubblicato il 1° febbraio 2024 sull’International Journal of Public Health da un team di ricercatori dell’ERS (European Respiratory Society) di altri organismi sanitari, in cui si chiede un’azione immediata contro l’inquinamento atmosferico in Europa, avvertendo che un ritardo di 10 anni nell’allineamento della Direttiva sulla qualità dell’aria ambiente con le Linee Guida 2021 dell’OMS comporterebbe oltre 327.600 morti premature in tutta Europa e amplierebbe il divario di disuguaglianza sanitaria tra l’Europa occidentale e quella orientale.
L’appello arriva mentre continuano le discussioni del trilogo tra la Commissione UE, il Parlamento e il Consiglio per raggiungere un accordo sulla proposta di revisione della Direttiva sulla qualità dell’aria ambiente avanzata dalla Commissione UE, che fissa limiti al 2030 più vicini a quelli delle Linee Guida dell’OMS, ma pur sempre della metà. Il Parlamento europeo nel settembre 2023 ha adottato la sua posizione negoziale fissando valori limite e obiettivi più rigorosi da raggiungere entro il 2035 per diversi inquinanti, tra cui particolato (PM2.5, PM10), NO2 (ossidi di azoto), SO2 (anidride solforosa) e O3 (ozono). Viceversa il Consiglio vuole inserire una certa flessibilità per quanto riguarda il conseguimento dei valori limite di qualità dell’aria per le zone in cui la conformità alla direttiva entro il termine stabilito si rivelerebbe impraticabile e la possibilità di chiedere una proroga del termine per raggiungere i nuovi limiti per un massimo di 10 anni, al più tardi fino al 1º gennaio 2040, se lo Stato membro in questione ha un PIL nazionale pro capite inferiore alla media dell’UE.
“Usare la povertà come scusa per non agire è l’opposto di ciò di cui hanno bisogno i paesi europei – ha affermato Zorana J. Andersen, Professoressa di Epidemiologia ambientale all’Università di Copenhagen e Presidente del Comitato Ambiente e Salute dell’ERS, autore corrispondente dello Studio – Consentire ulteriori ritardi nel raggiungimento dei nuovi standard di qualità dell’aria dell’UE, differenziati in base al PIL, è del tutto inaccettabile per la comunità ERS. Un ritardo amplierebbe le disuguaglianze esistenti nei livelli di inquinamento atmosferico e nel carico sanitario tra Est e Ovest. I bambini e gli adulti nei Paesi dell’Europa orientale respirano già da troppo tempo l’aria più inquinata d’Europa e soffrono di malattie polmonari correlate. Abbiamo bisogno di una nuova legislazione europea sulla qualità dell’aria, giusta e ambiziosa, che dia pari valore alla salute di tutti gli europei”.
Secondo lo Studio, infatti, i ritardi nella pulizia dell’aria in Europa comporterebbero perdite di vite umane prevenibili e aggraverebbero le disuguaglianze in tutta Europa. Ad esempio, per gli Stati membri dell’UE con un’esposizione media a PM2.5, ponderata in base alla popolazione, superiore a 10μg/m3 nel 2020, un ritardo di 10 anni nel raggiungimento di 10μg/m3 (ovvero nel 2040 anziché nel 2030) comporterebbe un eccesso di 327.600 morti premature. Questo calcolo presuppone una diminuzione lineare dei livelli di PM2.5 dal 2020 a 10μg/m3 nel 2030 o nel 2040 e utilizza la stima del rischio relativo ricavata dalle meta-analisi sul PM2.5 e sulla mortalità per tutte le cause dell’OMS. È interessante notare che due terzi del carico sanitario prevenibile colpisce i Paesi più poveri dell’Europa orientale e circa un terzo in Italia.

Questi numeri, sottolineano i ricercatori, chiariscono che consentire ritardi determinerà una sostanziale, ingiusta e inaccettabile perdita di vite umane in Europa e l’impossibilità di proteggere coloro che sono più suscettibili agli effetti dannosi dell’inquinamento atmosferico: bambini, donne incinte, anziani, malati e persone appartenenti a gruppi socio-economici in difficoltà.
“Ogni proroga significa aumentare i rischi per la salute pubblica, causare sofferenza, aumento delle malattie, morti premature e costi per l’assistenza – ha dichiarato il Prof. Francesco Forastiere, del CNR e Visiting Professor presso l’Imperial College di Londra e co-Direttore della Rivista Epidemiologia & Prevenzione, che ha partecipato allo Studio – È un momento delicato in cui le implicazioni del ritardo vanno valutate con attenzione e con responsabilità. Occorre cercare soluzioni tempestive per garantire un ambiente più sicuro e salutare per tutti”.