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Amazzonia: meno resiliente e a rischio di diventare savana

Un nuovo studio ha rilevato che l’Amazzonia, la più grande foresta pluviale del mondo, sta diventando meno capace di riprendersi da stress indotti dalle vicine attività umane, da disboscamento e da incendi, con il rischio di diventare tipping point, oltrepassato il quale si trasformerebbe in savana.

La resilienza ovvero la capacità di riprendersi da eventi come siccità o incendi della foresta pluviale amazzonica è diminuita costantemente in più di tre quarti dell’area dall’inizio degli anni 2000, aumentando il rischio di oltrepassare un punto critico, il cui attraversamento provocherebbe la morte e trasformerebbe gran parte della foresta in savana, con gravi impatti sulla biodiversità, sullo stoccaggio globale del carbonio e sui cambiamenti climatici.

È l’allarme che viene dallo Studio Pronounced loss of Amazon rainforest resilience since the early 2000s”, pubblicato il 7 marzo 2022 su Nature Climate Change e condotto da 3 ricercatori del Global Systems Institute dell’Università di Exeter (Gran Bretagna), dell’Istituto di Potsdam per la ricerca sull’impatto climatico (PIK) e dell’Università tecnica di Monaco, e finanziato dal Programma UE Horizon 2020, nonché dal Leverhulme Trust e dall’Alan Turing Institute.

È preoccupante constatare dalle osservazioni la perdita di resilienza della foresta pluviale amazzonica – ha dichiarato Niklas Boers, Professore diEarth System Modelling all’Università tecnica di Monaco e ricercatore al PIK – La foresta pluviale amazzonica ospita una miriade unica di biodiversità, influenza fortemente le precipitazioni in tutto il Sud America attraverso la sua enorme evapotraspirazione e immagazzina enormi quantità di carbonio che potrebbero essere rilasciate come gas serra in caso di morte anche parziale, contribuendo all’ulteriore riscaldamento globale. Per questo la foresta pluviale è di importanza globale“.

L’Amazzonia è considerata un potenziale tipping point nel sistema Terra e numerosi studi ne hanno rivelato la vulnerabilità. Tra questi, lo Studio pubblicato lo scorso anno su Nature e condotto da un altro gruppo internazionale di ricercatori, studiando il bilancio del carbonio dell’Amazzonia, ha scoperto che la più grande foresta pluviale del mondo, sotto la spinta dei cambiamenti climatici, della deforestazione e degli incendi, da pozzo sta diventando fonte di CO2.

 “Tuttavia, gli studi di simulazione al computer del suo futuro indicano un’ampia gamma di risultati – ha proseguito Boers – Abbiamo quindi esaminato dati di osservazione specifici per i segni di cambiamenti di resilienza negli ultimi decenni, che hanno rivelato come tale capacità della foresta pluviale sia in continua diminuzione dall’inizio degli anni 2000, anche se non possiamo dire quando potrebbe verificarsi il passaggio alla savana, che una volta constatato, probabilmente sarebbe troppo tardi per arrestarlo“.

Il team di ricercatori ha utilizzato indicatori di stabilità che erano già stati applicati in precedenza alla calotta glaciale della Groenlandia e alla circolazione dell’Atlantico. Questi indicatori statistici mirano a prevedere l’approccio di un sistema verso un cambiamento improvviso, identificando un rallentamento critico della dinamica del sistema, ad esempio la sua reazione alla variabilità meteorologica. L’analisi di due set di dati satellitari, che rappresentano la biomassa e il verde della foresta, ha rivelato il rallentamento critico che può essere visto come un indebolimento delle forze di ripristino che normalmente riportano il sistema al suo equilibrio dopo le perturbazioni.

Sebbene un sistema possa sembrare stabile se si considera solo il suo stato medio, uno sguardo più da vicino ai dati con metodi statistici innovativi può rivelare una perdita di resilienza – ha sottolineato Chris Boulton del Global Systems Institute dell’Università di Exeter – Precedenti studi basati su simulazioni al computer hanno indicato che vaste parti dell’Amazzonia potrebbero essere destinate a morire prima di mostrare un forte cambiamento nello stato medio. La nostra analisi osservativa ora mostra che in molte aree la destabilizzazione sembra essere già in atto“.

Per cercare di determinare le cause della perdita di resilienza che gli scienziati hanno rilevato nei dati, i ricercatori hanno esplorato la relazione con le precipitazioni nella regione dell’Amazzonia, che sono culminate in tre eventi da siccità che capita “una volta in un secolo” nella regione, scoprendo che le zone più asciutte risultano essere più a rischio di quelle più umide.

Questo è allarmante, poiché i modelli dell’IPCC prevedono una riduzione dell’umidità della regione amazzonica quale risposta al riscaldamento globale antropogenico – ha aggiunto Boers – Un altro fattore è la distanza di un’area da strade e insediamenti da cui le persone possono accedere alla foresta. I dati confermano che le aree prossime ai suoli utilizzati dall’uomo sono quelle più minacciate”.

La nostra nuova analisi basata sui dati empirici fornisce ulteriore motivo di preoccupazione sulla resilienza della foresta amazzonica, specie in futuro – ha concluso il terzo autore dello studio Tim Lenton, Direttore del Global Systems Institute.dell’Università di Exeter – Questo conferma che per salvaguardare l’Amazzonia è necessario non solo limitare il disboscamento, ma anche limitare le emissioni globali di gas serra “.

Foto di copertina: Ivars Utināns su Unsplash  

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