Acqua

Acqua da scioglimento neve: ad aprile siamo a -34%

Il deficit nazionale di acqua da neve (Snow Water Equivalent) in aprile, secondo la Fondazione CIMA che monitora la situazione per sapere su quali risorse potremo contare quest’anno, è ancora del -34%, anche se il quadro mostra segnali di ripresa, parziale, ma significativa. Se la rimonta è trainata dal Nord, sugli Appennini, invece, siamo in “zona retrocessione”: una delle stagioni nivali peggiori dell’ultimo decennio.

C’è un momento, ogni anno, in cui la neve inizia a cambiare stato e significato. Da deposito invernale diventa acqua liquida, pronta a fluire verso valle. È il passaggio critico tra accumulo e fusione: un confine stagionale che condiziona la disponibilità idrica, l’agricoltura, l’energia e, in fondo, la vivibilità dei territori. Aprile, in Italia, segna l’inizio di questo spartiacque.

Ed è questo il momento (10 aprile 2025) in cui la Fondazione CIMA (Centro Internazionale in Monitoraggio Ambientale), ente di ricerca senza scopo di lucro che promuove lo studio, la ricerca scientifica, lo sviluppo tecnologico e l’alta formazione nell’ingegneria e nelle scienze ambientali ai fini della tutela della salute pubblica, della protezione civile e della salvaguardia degli ecosistemi, pubblica  il V aggiornamento mensile sulla neve, che attesta come il deficit dello Snow Water Equivalent (SWE) in Italia, ovvero la quantità equivalente di acqua liquida che si avrebbe se l’intero manto nevoso si sciogliesse istantaneamente, le cui informazioni sono necessarie in applicazioni quali la previsione delle inondazioni, il controllo del livello dell’acqua dei serbatoi delle centrali elettriche, la pianificazione della silvicoltura e dell’irrigazione delle colture e come variabile di input e controllo per molti scopi di ricerca ambientale, compresa la ricerca sui cambiamenti climatici, è ancora del -34%, anche se il quadro mostra segnali di ripresa, parziale, ma significativa.

Rimonta trainata dal Nord
A fare la differenza, nelle ultime settimane, è stato un “cambio di rotta” atmosferico. Nella seconda metà di marzo, gran parte dell’Italia (fatta eccezione per Sicilia e Calabria) è stata interessata da precipitazioni abbondanti, accompagnate da temperature inferiori alla media, soprattutto sull’arco alpino occidentale. È qui, al nord-ovest, che si è registrata la maggiore reattività del manto nevoso. Le Alpi hanno saputo sfruttare la finestra meteorologica, accumulando nuova neve e riducendo, almeno parzialmente, il deficit.

Il Po, bacino idrografico più esteso del Paese e custode di quasi la metà della risorsa nivale italiana, è oggi il fiume con le condizioni migliori: il deficit è sceso al -15%, rientrando nella variabilità naturale osservata negli ultimi anni. Ma la stagione di fusione è ormai iniziata, e il margine per ulteriori miglioramenti si assottiglia.

Diversa la situazione sull’Adige, dove il deficit si attesta al -37%. Anche qui marzo aveva regalato un recupero, ma le temperature elevate degli ultimi giorni hanno già innescato una fusione anticipata, che riporta i valori in calo.

È l’innalzamento termico, più che l’assenza di precipitazioni, il protagonista di questa stagione fino ad oggi – ha spiegato Francesco Avanzi, ricercatore di Fondazione CIMA – Negli ultimi anni stiamo assistendo a un accorciamento del ciclo nivale: la neve arriva tardi, si fonde presto, e rimane meno tempo disponibile a contribuire al bilancio idrico”.

Appennini: un’assenza che pesa
Il racconto cambia radicalmente quando ci si sposta verso sud. Sugli Appennini, la neve è quasi assente a tutte le quote. Un dato eloquente: nel bacino del Tevere, il deficit di SWE raggiunge oggi il -89%. È un’anomalia severa, ancora peggiore rispetto allo stesso periodo del 2024.

L’unica eccezione parziale si registra sul versante adriatico, dove alcune nevicate recenti hanno portato un lieve miglioramento, in particolare nel bacino dell’Aterno-Pescara, oggi al -43%. Una differenza tra lati est e ovest che non sorprende data l’orografia e la climatologia della dorsale appenninica. Ma si tratta comunque di condizioni ben al di sotto della media storica.

Dal punto di vista della classifica stagionale, il nord si colloca in una posizione medio-bassa della classifica dal 2011. Il 2022 è stato l’anno peggiore dal 2011 per il nord-ovest, mentre il 2017 detiene lo stesso primato per il nord-est. L’annata attuale, pur non toccando quei minimi, non offre grandi rassicurazioni. Sugli Appennini, invece, ci troviamo in quella che chiamiamo “zona retrocessione”: una delle stagioni nivali peggiori dell’ultimo decennio.

Previsioni stagionali per l’Italia: le prospettive future
A rendere il quadro ancora più complesso sono le nuove previsioni stagionali dell’Agenzia ItaliaMeteo, disponibili per la prima volta con un dettaglio specifico per l’Italia, secondo il resto di aprile dovrebbe essere più secco della norma al nord, e un po’ più piovoso della norma al Centro-Sud. Parallelamente, le temperature per aprile dovrebbero essere più fresche rispetto alla norma su tutto il territorio nazionale. Per i mesi successivi le temperature tenderanno a risalire fino a risultare ovunque superiori alla media, mentre le precipitazioni risultano in linea con la climatologia.

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