Infrastrutture e mobilità

Auto elettriche: per l’ECA devono diventare più economiche

Secondo una recente analisi della Corte dei conti europea (ECA), che ha riassunto gli esiti di precedenti relazioni speciali sull’argomento, uno dei passi fondamentali per evitare di mettere a repentaglio gli obiettivi climatici dell’UE entro il 2050, l’industria europea deve produrre auto elettriche su larga scala a prezzi competitivi, garantendo allo stesso tempo l’approvvigionamento di materie prime e potenziando le infrastrutture di ricarica in tutto il continente.

Per portare le emissioni a zero entro il 2050, secondo gli obiettivi della politica climatica dell’UE è necessario ridurre le emissioni di carbonio delle auto a motore endotermico, esplorare opzioni di combustibili alternativi e incoraggiare la diffusione dei veicoli elettrici sul mercato di massa. Ma il primo punto finora non si è concretizzato, il secondo si è rivelato non sostenibile su larga scala e il terzo rischia di rivelarsi costoso sia per l’industria che per i consumatori dell’UE 

É il punto di vista della Corte dei conti europea (ECA), espresso in “Zeroing in on zero emissions. A sharp bend a head”, che il 24 aprile 2024 ha tenuto un evento speciale nel corso del quale ha sintetizzato le risultanze di 4 Rapporti speciali:
Riduzione delle emissioni delle automobili;
Biocarburanti sostenibili nei trasporti;
La politica industriale dell’UE in materia di batterie;
Infrastrutture per la ricarica dei veicoli elettrici.

Dopo una lunga trattativa di Trilogo, Il Consiglio europeo il 12 aprile 2024 ha dato il via libera definitivo al nuovo Regolamento sui livelli di prestazione in materia di emissioni di CO2 delle autovetture nuove e dei veicoli commerciali leggeri nuovi, proposto dalla Commissione UE nell’ambito del pacchetto legislativo Fit for 55, in linea con la maggiore ambizione dell’UE.

Secondo la Corte, l’UE ha compiuto progressi nel ridurre le emissioni di gas a effetto serra in generale, ma non nel settore dei trasporti, che in Europa produce circa un quarto di tali emissioni. Di tale quota, metà proviene dalle sole autovetture. Benché le norme per i collaudi siano diventate più rigorose a partire dal primo decennio di questo secolo, gli auditor della Corte hanno constatato che in 12 anni le emissioni prodotte dalle auto convenzionali, che rappresentano ancora quasi tre quarti delle nuove immatricolazioni, non sono diminuite in misura consistente. Nonostante l’accresciuta efficienza dei motori, in media le auto pesano circa il 10 % in più e hanno bisogno di motori circa il 25 % più potenti per spostare tale peso. Inoltre, gli auditor della Corte hanno riscontrato che le auto ibride ricaricabili (plug-in), che un tempo si riteneva potessero agevolare la transizione dai veicoli tradizionali a quelli elettrici, sono ancora classificate “a basse emissioni” anche se il divario tra le emissioni misurate in condizioni di laboratorio e quelle misurate su strada è in media del 250 %.

I combustibili alternativi, come i biocarburanti, gli elettrocarburanti e l’idrogeno, sono spesso considerati potenziali prodotti sostitutivi della benzina e del diesel. Tuttavia  l’ECA ha evidenziato la mancanza di una tabella di marcia chiara e stabile per risolvere i problemi a lungo termine del settore: la quantità di combustibile disponibile, i costi e la sostenibilità dei biocarburanti. In primo luogo, l’UE non produce sufficiente biomassa perché questi ultimi diventino una valida alternativa ai combustibili fossili tradizionali. Peraltro, se si importa biomassa da Paesi esterni all’UE, viene meno l’obiettivo dell’autonomia strategica in materia di energia. In secondo luogo, la Corte ha concluso che, in parte a causa dei problemi dal lato della domanda, i biocarburanti non sono ancora competitivi da un punto di vista economico. Come ultimo aspetto, ma non per questo meno importante, ha rilevato che la sostenibilità dei biocarburanti è sovrastimata. Le materie prime necessarie alla loro produzione possono danneggiare gli ecosistemi e nuocere alla biodiversità, al suolo e alle acque; di qui sorgono quindi dilemmi etici sull’ordine di priorità tra beni alimentari e carburanti.

Poiché le emissioni di CO2 dei motori a combustione non sono state o non possono essere ridotte, i veicoli a batteria sembrano essere l’unica alternativa possibile. Gli auditor della Corte hanno riscontrato però che l’industria europea delle batterie è in ritardo rispetto ai concorrenti mondiali, il che mette potenzialmente in crisi la capacità interna del nostro continente prima ancora che questa sia al massimo regime. In Europa è localizzato meno del 10 % della produzione mondiale di batterie e tale quota è perlopiù in mano ad imprese non europee. A livello mondiale, la Cina rappresenta un colossale 76 %. L’industria delle batterie dell’UE è frenata in particolare dall’eccessiva dipendenza dalle importazioni di materie prime da Paesi terzi, con i quali non sono stati sottoscritti adeguati accordi commerciali. Ne conseguono rischi per l’autonomia strategica dell’Europa. Senza considerare le condizioni sociali ed ambientali in cui queste materie prime sono estratte.

Gli auditor della Corte hanno anche sottolineato che, nonostante un significativo sostegno pubblico, il costo delle batterie prodotte nell’UE resta nettamente superiore al previsto. Ciò le rende inevitabilmente meno competitive rispetto a quelle di altri produttori mondiali e potrebbe anche rendere proibitivi i prezzi dei veicoli elettrici europei per una larga parte della popolazione. Da quando è stata pubblicata la relazione, le vendite di auto elettriche nuove sono fortemente aumentate in Europa (1,5 milioni di immatricolazioni lo scorso anno, ossia una nuova immatricolazione su sette). Tuttavia, studi recenti mostrano che le vendite hanno beneficiato di sovvenzioni pubbliche e hanno riguardato per lo più il segmento dai 30 000 euro in su. Il prezzo è riconducibile prevalentemente alle batterie, il cui costo può arrivare in media a 15 000 euro in Europa. Insomma, se la capacità e la competitività dell’UE non aumentano in misura significativa, la “rivoluzione delle auto elettriche” in Europa rischia di basarsi sulle importazioni e di finire per danneggiare l’industria automobilistica europea e i suoi oltre 3 milioni di posti di lavoro nel settore manifatturiero.

La mobilità elettrica necessita peraltro di un numero sufficiente di infrastrutture di ricarica. Nella relazione del 2021 sulle infrastrutture di ricarica nell’UE, gli auditor della Corte hanno però rilevato che, nonostante successi come la promozione di uno standard comune UE per i connettori di ricarica dei veicoli elettrici, permangono molti ostacoli per viaggiare attraverso l’UE con un veicolo elettrico. Innanzitutto, il numero dei punti di ricarica nel continente non è sufficiente e, al momento dell’audit, era ben lungi dal raggiungere l’obiettivo di 1 milione di unità entro il 2025. In secondo luogo, la disponibilità di stazioni di ricarica varia notevolmente da un Paese all’altro. Infine, gli auditor hanno sottolineato che, in assenza di informazioni in tempo reale e di un sistema di pagamento armonizzato, viaggiare in Europa a bordo di un’auto elettrica è ancora tutt’altro che una passeggiata.

Insomma, per l’ECA le auto elettriche sono fondamentali per conseguire gli obiettivi climatici dell’UE, ma senza un’azione urgente per garantire che l’industria europea possa produrre auto elettriche su larga scala a prezzi competitivi, garantendo allo stesso tempo l’approvvigionamento di materie prime e potenziando le infrastrutture di ricarica in tutto il continente, sarà difficile conseguirli.

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