L’Outlook 2019 sul lavoro dell’OCSE segnala che nel nostro Paese c’è la quota più alta di lavoratori sottoccupati, la percentuale di lavori temporanei è al di sopra della media dei Paesi membri, il 15% dei posti di lavoro sono ad alto rischio di automazione e un altro 35% potrebbe subire sostanziali cambiamenti nel modo in cui vengono svolti.
Le nuove tecnologie e un mondo più integrato e globalizzato offrono molte opportunità per creare nuovi posti di lavoro, migliorare la qualità quelli esistenti e portare gruppi precedentemente sottorappresentati nel mercato del lavoro.
Nonostante le molte opportunità, molta ansia circonda il futuro del lavoro. È improbabile che gli scenari del giorno del giudizio si materializzino, ma dobbiamo prepararci a profondi cambiamenti strutturali che sembrano inevitabili.
Gestire bene le transizioni ed evitare crescenti disparità è possibile se vengono messe in atto politiche efficaci e dotate di risorse adeguate.
Sono questi alcuni dei principali e numerosi spunti che emergono dall’Employment Outlook 2019 dell’OCSE, presentato a Berlino il 25 aprile 2019, dal titolo “Act now to build a future that works for all”, che fa parte della campagna “Io sono il futuro del lavoro” che mira a contribuire a un futuro positivo di transizione lavorativa, aiutando a trasformare i sistemi di apprendimento e protezione sociale e riducendo le disparità tra le persone e le regioni.
“Le prospettive sull’occupazione dell’OCSE non prevedono un futuro senza lavoro, ma delle grandi sfide per il futuro del lavoro – ha affermato il segretario generale dell’OCSE Angel Gurría, presentando il rapporto – Con le politiche giuste, possiamo gestire queste sfide. Affrontiamo una trasformazione significativa, ma abbiamo l’opportunità e la determinazione di utilizzare questo momento per costruire un futuro di lavoro a vantaggio di tutti“.
Sebbene l’area OCSE abbia recuperato completamente i posti di lavoro persi durante la crisi e oggi il tasso di occupazione sia superiore di 2 punti percentuali rispetto a prima della crisi, il previsto rallentamento dell’economia globale getta un’ombra sulle prospettive di lavoro a breve termine e il mercato del lavoro ha continuato a polarizzare l’attenzione. Per aiutare i lavoratori, le imprese e i Paesi ad adattarsi al mondo del lavoro che cambia, l’OCSE propone in questa prospettiva un’agenda di transizione per un futuro che funzioni per tutti.
Il miglioramento del tasso di occupazione è stato determinato soprattutto da un aumento sostanziale della quota di donne nel mondo del lavoro e di lavoratori anziani che restano più a lungo nel mondo del lavoro. Inoltre, gran parte dell’aumento dell’occupazione riflette il crescente numero di posti di lavoro altamente qualificati, la cui quota è aumentata del 25% nei Paesi dell’OCSE negli ultimi due decenni.
Tuttavia, tra i giovani che non hanno un’’istruzione terziaria, in molti Paesi c’è una quota crescente che non ha lavoro o, se lavora, è precaria o sottopagata. Gli uomini hanno visto un aumento della disoccupazione e della sottoccupazione in alcuni Paesi, sebbene i risultati del mercato del lavoro per le donne rimangano mediamente peggiori.
La trasformazione digitale, i robot e l’intelligenza artificiale hanno già rimodellato il mondo del lavoro e molte persone sono preoccupate di queste mega-tendenze sul numero dei posti di lavoro.
In prospettiva, sottolinea l’OCSE il 14% dei posti di lavoro esistenti potrebbe scomparire a seguito dell’automazione nei prossimi 15-20 anni, con un altro 32% destinato a cambiare radicalmente.
L’occupazione a tempo indeterminato continuerà a rappresentare molti, se non la maggior parte, dei futuri posti di lavoro, anche se negli ultimi anni si è assistito a un ulteriore aumento del lavoro non standard in alcuni Paesi, come i lavori autonomi e i contratti a tempo. Nei due terzi dei Paesi è anche aumentata la percentuale di persone che lavorano a tempo parziale ma preferirebbero lavorare a tempo pieno.
Per cui il Rapporto raccomanda ai Paesi membri dell’OCSE di concentrarsi su 4 aree chiave.
– Tutela del lavoro. I Governi devono garantire un’adeguata tutela del diritti dei lavoratori, indipendentemente dal loro status professionale e contrastare il falso lavoro autonomo, che a volte i datori di lavoro utilizzano per evitare tasse e regolamenti, e ridurre al minimo la “zona grigia” tra lavoro dipendente e lavoro autonomo, estendendo i diritti ai lavoratori che vi fanno parte.
– Protezione sociale. Adattare ed estendere la protezione sociale è essenziale per garantire una migliore copertura per i lavoratori in forme di lavoro non standardizzati, che in alcuni Paesi hanno il 40-50% in meno di probabilità di ricevere qualsiasi forma di sostegno al reddito mentre sono senza lavoro rispetto ai dipendenti standard. I diritti ai benefici dovrebbero essere equiparati tra i diversi posti di lavoro e misure mirate di protezione sociale devono ricevere un sostegno più universale e incondizionato.
– Apprendimento. In tutti i Paesi dell’OCSE, la partecipazione alla formazione è più bassa tra coloro che ne hanno più bisogno, compresi i lavoratori poco qualificati, gli anziani e i lavoratori autonomi. I Governi devono estendere i diritti di formazione ai lavoratori non standard, rimuovendo tempi e i vincoli finanziari per la partecipazione alla formazione, rendendo i diritti alla formazione portatili e fornendo informazioni e consulenza di qualità.
– Dialogo sociale. L’adesione ai Sindacati è diminuita costantemente negli ultimi tre decenni nei Paesi dell’OCSE, passando dal 30% nel 1985 al 16% nel 2016, e parallelamente si è ridotta la percentuale di lavoratori coperti da contratti collettivi, passata dal 45% del 1985 al 32% del 2016. Ciò ha indebolito il potere contrattuale dei lavoratori e ha contribuito al calo della quota di reddito nazionale destinata ai lavoratori. L’appartenenza è ancora più bassa tra i lavoratori non standard, che hanno il 50% in meno di probabilità rispetto ai lavoratori standard di essere sindacalizzati. L’accesso alla contrattazione collettiva e al dialogo sociale dovrebbe essere esteso alle altre forme di lavoro.
Per ogni Paese membro, l’OCSE ha dedicato la relativa scheda. In quella dell’Italia si osserva che i posti di lavoro ad alto rischio di automazione (una probabilità di automazione del 70% o più) sono nel nostro Paese del 15,2%, leggermente al di sopra della media OCSE (14,0%), ma un altro 35,5% potrebbe subire sostanziali cambiamenti nel modo in cui vengono svolti (probabilità di automazione tra il 50 e il 70%), rispetto al 31,6 della media OCSE. L’OCSE rimarca, inoltre, come in Italia la quota di lavoro temporaneo è superiore alla media OCSE ed è cresciuta notevolmente nell’ultimo decennio. La quota di lavoratori sottooccupati, infine, è più che raddoppiata dal 2006, divenendo ora la più alta tra i Paesi membri.
C’è anche un riferimento al Reddito di cittadinanza:“introdotto di recente, rappresenta un trasferimento di risorse importante verso le persone in condizioni di povertà. Tuttavia, il livello attuale del sussidio è elevato rispetto ai redditi mediani italiani e relativamente a strumenti simili negli altri paesi OCSE. La sua messa in opera dovrà essere monitorata attentamente per assicurare che i beneficiari siano accompagnati verso adeguate opportunità di lavoro“.